“Sangue”, il primo disco dei Dead Barking Dogs, chiarisce già dal titolo le intenzioni della band pistoiese: un rock forte, arrabbiato, energico che si manifesta sin da subito con “Free”, il brano d’apertura, in cui note metalliche e possenti riff di chitarra distorta accompagnano un testo cantato per metà in lingua inglese e per l’altra in italiano, scelta non proprio felice. Più orecchiabile e dal riff efficace è il brano successivo “Rabbia e polvere” con un sound che ricorda molto quello dei Litfiba, una delle rock band ispiratrici dei Dogs.
Il disco ha un’andatura omogenea con i brani che si aprono quasi tutti con sostenuta energia, e si concludono spesso con finali troppo simili. Una variazione sull’andamento arriva con la traccia “K is back to Town” in cui l’attacco lento è magnetico e accattivante per proseguire con un blues striato di rock, degno di rispetto. Un altro tentativo di diversificare il sound lo si trova in “Voglio vivere alla cazzo” con il risultato, tuttavia, che non rimane una forte impressione di questo brano se non per l’ironia, nemmeno troppo sagace, delle parole che riflettono la mediocrità di questo tempo e l’assenza, a volte forzata, di qualsiasi desiderio o sogno per il futuro.
È evidente che le passioni musicali e le precedenti esperienze dei componenti della band caratterizzano il loro sound, come è legittimo, ma lo fanno forse un po’ troppo perché in “Stavolta sbagli tu” si ha la sensazione di stare ascoltando un disco solista di Piero Pelù. L'album si chiude con il brano che gli dà il titolo, una deflagrazione di energia che sfocia in un rock urlato in maniera eccessiva. La passione è tanta e si avverte, ma il disco difetta di originalità risultando troppo spesso un emulo dei grandi dell’hard rock.
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