E' un gran peccato che duri solo cinque canzoni questo disco. Undici minuti abbondandi per Gianluca Petrocchi in arte Fiordaligi, in cui mette sulla bancarella del mercato il suoi passaggi chitarristici in uno stile personale e tecnicamente preciso. Un chitarrista che potrebbe tranquillamente far parte di una band metal come di un'orchestra latino americana, oppure doppiare Santana o Pino Daniele qualora si staccasse all'improvviso il jack durante un assolo appassionato.
Fiordaligi ha la bravura necessaria per interpretare tutti i generi, dal jazz al prog senza perdere di tensione, in questo lavoro ci sono pezzi unicamente strumentali come "Il ghiaccio quando piove", "Il mosto" e "Spine", (più che strumentali sono veri e propri guitar-solo) che aguzzano l'orecchio alla ricerca dell'imperfezione che non c'è, solo fluido dalle dita allo strumeto che transita senza ostacoli. Nelle due tracce d'apertura invece Petrocchi mette anche voce e testo, in "Tramonto" si inseguono atmosfere jazz e riff rock in un esperimento strano, il cantato è da bossa nova alla Jobim, strano ma bello; in "Righe storte" il flow brasilian-prog prosegue e coinvolge. In entrambe le canzoni sono solo le liriche che peccano un pò di originalità. E' un peccato che tutto finisca in cinque canzoni, aspetto con ansia un album completo che sviluppi tutte le idee di un compositore non da poco come Fiordaligi. Waiting for.
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