Un disco orgogliosamente “già sentito”.
“Non ha/hanno inventato niente”: quante volte abbiamo sentito o letto questa sentenza? E quante volte abbiamo pensato “Sì, ok, ma perché, c'è ancora qualcuno che inventa cose, si possono ancora inventare cose?” e ci siamo risposti “Mi sa proprio di no, almeno se si parla di pop-rock”. E così immagino che la pensi anche Mark Zonda, il quale è andato oltre, facendo della non invenzione, del riciclo e della citazione dichiarati il proprio manifesto creativo.
Qui, ad esempio, abbiamo un album nato da una foto che a Mark ricordava “Red Rose SpeedWay” degli Wings, disco al quale “ruba” il medley in quattro parti - facendolo diventare però un “berlinbowiesco” (definizione sua) racconto tossico e noise - e contenente canzoni che sono a loro volta tributi apertamente enunciati a band ed etichette: canzoni come “Back to Anorak City” - dal twee sound che caratterizza la label in oggetto - “Wild in the Wildlife” e “The singer and the clown” - omaggi a Sarah e Cloudberry Records – e “Teenage Things”, che cita i Sonic Youth.
Come dire, certo che non invento niente, ma grazie al mio riuso creativo vi ritroverete “to the Anorak City, where the girls are twee and the boys so hippy”, carino no? Anche il riciclo, se si (ri)utilizza roba di buona qualità, ha il suo perché.
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La recensione HumpDay LoverDose di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-06-20 00:00:00
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