La "My Alternative Rebel Ship (M.A.R.S.)" su cui ci invita a salire G-Fast, progetto one-man-band di Gianluca Fasteni, sembra avere al timone un nostalgico bluesman: vecchia dobro in una mano, whisky nell’altra. Un timoniere, però, dal volto duro e spigoloso, che cerca di mettere d’accordo i Rage Against The Machine alle sonorità del delta del Mississippi. Palese il cambiamento rispetto a "Dancing with the Freak", primo album autoprodotto dall’artista: i suoni scarni della tre-corde passano spesso in secondo piano rispetto ad una massiccia chitarra elettrica; la batteria, intanto, picchia duro sulla cassa e anche la stessa voce graffiata, già conosciuta nel primo cd, pare acquistare un tono più aggressivo.
Il risultato è un blues mordente, irriverente, ma non sempre di grande impatto: l’impressione generale è che le piacevoli bizzarrie del primo lavoro abbiano qui ceduto il passo ad un arrangiamento più standardizzato, più adagiato. "Go To M.A.R.S.", perciò, nonostante sia un disco ben fatto, lascia spazio a numerosi dubbi: la title track ha un chorus accattivante, ma non si può dire lo stesso della strofa; il sinuoso riff di "Mystical Man" sembra introdurre ad ipotesi originali, ma il resto della canzone non mantiene la promessa. I punti meglio riusciti del full lenght sono quelli in cui Fasteni torna a ricalcare percorsi inusuali, distanti dalla linea generale del disco, come nel caso di "Crazy", dove l’artista costruisce una ballata contaminando folk, chitarre spagnoleggianti ed un pizzico di reggae. Qualità ed incertezza, allora, convivono in questo secondo album: il prossimo lavoro chiarirà senz’altro meglio le idee.
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