Al netto di un nome davvero del cazzo, i Flying Vaginas sono bravissimi. “And That’s Why We Can’t Have Nice Things” è il primo disco di un terzetto che dello shoegaze prende le parti facili (le melodie sognanti, le chitarre croccanti, i ritornelli da cantare a bassa voce) eliminando le scomodità (i muri strumentali, gli amplificatori sotto stress, lo stridore di accordature prossime al collasso). Mossa furbetta? Assolutamente no.
“Happiness And Flour” è tra i singoli migliori sentiti finora quest’anno. Velocità, epica e qualità: c’è dentro tutto in poco più di tre minuti. Senza tirare in mezzo sempre i soliti nomi, questo brano riporta alla mente l’attitudine on the road di un pezzo maiuscolo dei Triangulo De Amor Bizarro, “El Fantasma De La Transiciòn”. Chiamatele affinità elettive, se volete. I Flying Vaginas hanno una visione d’insieme del formato canzone che già adesso desta parecchio interesse. “Steve Brick And The Portland Concrete” prosegue sullo stesso sentiero di pop trasfigurato eppure ben riconoscibile, mentre “D. S. M. (Don’t Save Me)” regala alla band cinque minuti di svisate psych solenni e senza una minima sbavatura. A dimostrazione del fatto che quando vogliono i Flying Vaginas riescono a essere tutt’altro che leggerini.
Promossi subito, dunque. Tanto che, sotto sotto, si fa strada l’idea che questi qui potrebbero diventare un giorno i Deerhunter italiani.
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