Se si seguono i passi delle suggestioni musicali legate alle foreste, alle bestie feroci e alle piante tropicali, raramente ci si trova su sentieri già troppo battuti. Nel caso dei Sorriso Tigre questo percorso porta direttamente all'electro, che trasforma i tamburi delle tribù più incontaminate in luci colorate che stordiscono sul dancefloor. È un ottimo debutto, questo del trio piemontese: basso, batteria, synth e campionatori che spettinano i capelli, vanno a toccare i nostri istinti più primordiali e trasformano il corpo in un palmizio che dondola a tempo sotto una pioggia finissima.
II cantato in italiano aiuta a compiere la mutazione: la voce e i campionamenti delle otto tracce scorrono impassibili come un fiume sotto i beat, e si parla di deserto, di natura selvaggia, del lasciarsi andare, del non avere fretta e dell'arrivare per la prima volta in città lontane e sconosciute (cosa c'è di più bello?). Il tutto accompagnato dai synth che sorreggono come un bastone, un funk mimetizzato, bassi ben torniti e un tocco di psichedelia che colloca i Sorriso Tigre sulle sponde di Animal Collective e Cosmo (che ha prodotto il disco, e la cui mano si sente anche troppo).
Non mancano alcuni pezzi meno ispirati ("Tessere" e "Saluti dal deserto" si perdono un po' tra melodie incerte e testi da rivedere) e tratti ancora acerbi, ma possiamo tranquillamente inserire questo self titled nella lista dei dischi da ballare al più presto.
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