Più oltre non c’era altra terra, ma l’abbraccio sonoro dei Rahal Maut (dall’arabo ‘paese morto’) riusciva comunque a distendersi fino all’orizzonte ed oltre. Oggi, il risultato non può che essere un progetto eteroclita, forse penalizzato dalla qualità di missaggio, ma che sicuramente fin dai primi ascolti invita a districarsi fin nel suo nucleo più profondo. Tredici brani che creano una sorta di colonna sonora dalle punteggiature elettroniche e riecheggiamenti classici; così, questa voglia di armonizzare tradizione e progresso si snoda lungo tutto il corso del lavoro, raggiungendo, in alcuni momenti, notevole equilibrio. È il caso dell’omonimo “Più oltre non c’era altra terra”, che racchiude melodie rievocatrici di quella tradizione mediorientale tanto radicata nella natia Sicilia, per poi evolversi in un contrappunto elettrico ed elettronico degno dell’estinta tradizione progressive, su cui scivola una linea vocale che (mi si conceda il paragone) ricorda quella dei primi C.S.I.
Ancora, tredici brani per un viaggio sull’orlo di un precipizio scavato tra versi da cantautore tutt’altro che scontati: e da quest’angolazione spicca “L’agenda del senatore Lucio Catilina”, eroe ambiguo e misterioso, riflesso della componente ‘colta’ di questo progetto (ma divagherei dissertando su Svetonio), nonché specchio su cui Renato Mancini ed i suoi proiettano l’immagine variegata del mondo. E non è finita, perché “Breve rapsodia in elettro” porta alla luce quella vena tutta elettronica che s’insinua nello svolgersi dell’intero discorso musicale: una vena di dub e di atmosfere trip-hop. Per intenderci, quelle sonorità che hanno fatto scuola da Bristol per le radio di mezzo mondo con Massive Attack e compagnia. Certo, c’è posto anche per il folk e per la semplicità di una traccia come “Ballata impersonale”, forse un po’ insipida e meno elaborata se paragonata al resto dell’album. Progetto che si rivela tuttavia un excursus spaziale e temporale, connubio tra innovazione e tradizione che dimostra la vitalità ed originalità che la cultura musicale del nostro Bel Paese potenzialmente ha, senza scadere in insipide produzioni, ma cercando di tradurre in battiti contemporanei quanto di meglio una tradizione centenaria ha conservato nel nostro Dna.
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La recensione Più oltre non c’era altra terra di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-05-22 00:00:00
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