Canzonette in libertà tra ironia, malinconia e sicilianità
Ascoltare Calogero In Candela è come tornare bambini e trovarsi di fronte a un nuovo gioco: potrebbe essere divertente oppure rivelarsi una delusione. In ogni caso riuscirà a strappare almeno un sorriso. È un cantautore folk palermitano oppure un pazzo, a seconda dei punti di vista, che ha fatto un concept album o una raccolta di canzoni demenziali, dipende dalla sensibilità individuale. I nonsense e i giochi di parole, a partire dal titolo dell'album “Tutti ostentammo a stento” (di deandreiana ispirazione, con ironia), sono il suo pane quotidiano.
“Suoraggio” e “Alcolista campagnolo” snocciolano ricordi grotteschi dei tempi della scuola e di un collegio di suore manesche, “Ma i giuovani d'oggi...” e ”Università” (con tanto di ritmi caraibici super sintetici e domande irrisolvibili: “Ma quanti porri c'avrà in faccia Cicerone?”) toccano a loro modo i problemi delle nuove generazioni; “Ex factor” racconta di un artista incompreso che sembra uscito dal film “Reality” di Matteo Garrone, “La cacca dei boy scout” è un'ode filosofica a quella cosa lì, “La canzone delle lavatrici” ripercorre una storia d'amore tra un umile ragazzo che ripara elettrodomestici e un'ambiziosa studentessa fuori sede, con finale a sorpresa. Non mancano note di malinconia in ballate come quelle su due amici “Dementi” e su “Giuseppe”. La tracklist si conclude con “Senza scarpe dove andare”, un pezzo in cui per sei minuti e 44 secondi Calogero ripete la lettera “e”, più o meno a ritmo, su una melodia strumentale non troppo accattivante.
Voce con inflessione siciliana, costruzioni dialettali, melodie acrobatiche, versi sorprendenti: sono alcuni degli ingredienti del disco. Melodie minimali (con chitarra, un po' di tastiera e suoni elettronici domestici), produzione piuttosto arrangiata (non mi riferisco agli arrangiamenti, intendo proprio dire che Calogero ha inciso con i pochi mezzi a disposizione) e sprazzi di genialità nei testi, in cui ricorrono alcuni termini evidentemente alquanto cari all'autore: demenza, vomito, merda e puttane. Colpiscono anche espressioni volutamente distorte tra dialetto e sberleffo, come “l'attivismo giuovanile”, la “cucchiaia”, “meglio che mi stavo a casa mia” e il “discografaio”.
Non è possibile prevedere come proseguirà la traiettoria artistica di Calogero dopo questo lavoro perché si tratta di un cantautore abbastanza unico nel panorama musicale. Di sicuro le sue canzoni hanno un pregio: in una giornata uggiosa, noiosa o difficile, possono offrire un momento di svago e divertimento. Per un qualunque disco di musica leggera italiana, questo è già un ottimo punto di arrivo.
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La recensione tutti ostentammo a stento di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-30 00:00:00
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