Il mainstream non è sempre così brutto come lo si dipinge
Ne conoscerete anche voi di persone che anche se sono brave si perdono. Ci sono quelle pigre, che mollano tutto a metà. Ci sono quelle insicure, che provano a fare tutto nella speranza di compiacere. Ci sono quelle sbruffone, che sì, sono brave però che maniere. I bravi, purtroppo, fanno spesso questa fine. Finiscono per perdersi, perché dai bravi tutti si aspettano di più e qualcuno è anche un po’ invidioso. È per questo che spesso la spuntano quelli che magari tutto questo talento non ce l’hanno, però hanno la tenacia, la forza e la pazienza di stare lì a provare e riprovare mentre i bravi chissà dietro a cosa si stanno baloccando.
Cesare Cremonini è uno di quelli bravi che però non si sono persi. E pensare che il rischio era alto. Ha cominciato presto, quando i dischi si vendevano ancora. Si colorava i capelli di rosso ed era il leader di una delle più fortunate pop band di giovinastri che lo Stivale ricordi. Poi ha mollato i Lùnapop ed è rimasto solo con quello coi rasta -nell’immaginario il più scavezzacollo. Anche qui poteva perdersi, tra ragazzette adoranti, ma non è successo. Ha iniziato la carriera solista da subito, come quelli che finita la scuola, a giugno, facevano subito le versioni di latino e non aspettavano settembre. Si è messo lì e disco dopo disco, con bravura e tenacia ha seguito un percorso. Un suo percorso, sempre individuabile, sempre riconoscibile, qualche volta non condivisibile. Mai eccessivamente piacione o compiacente, piuttosto una sana e naturale contaminazione.
"Logico", il sesto disco solista di Cremonini, è – al momento – il culmine di questo percorso. Si percepisce la continuità con "La Teoria dei colori", ma qui il discorso da fare è diverso. La materia è più lavorata, più limata. Le tematiche sono più varie (non soltanto l’amore, le disavventure personali, il proprio ombelico), ci si apre di più al reale, a ciò che accade intorno. Ci si pone domande e non necessariamente ci si dà risposte. Le influenze sono sempre quelle care a Cremonini: il rock e il pop britannico contemporaneo (Coldplay in primis) ma anche quello “storico” (Beatles, Cure, The Smiths). È che Cesare è diventato grande, e anche se in "GreyGoose" ce la racconta frivola e matta o se peterpaneggia in "Vent’anni" per sempre, la vita diventa necessariamente più concreta, più riflessiva. Gli affetti mutano, anche quelli dei propri genitori ("Se c’era una volta l’amore, ho dovuto ammazzarlo"). Non manca il caro Cesarone tenerone. Quello che dominava in "La Teoria dei colori" e che in "Logico" fa capolino soprattutto in "Io e Anna" e "Cuore di cane", due struggenti e ben dosate tracce voce e piano, uno dei suoi marchi di fabbrica.
Un discorso a parte merita poi la title track, "Logico #1", la prova che degli inserti di EDM, se ben fatti, non danno come risultato solo delle tamarrate. Un pezzo che riassume quello che secondo Cremonini vuol dire essere moderni. «Significa non rifiutare l’anima cantautorale, quella pop e quella alternativa, riuscendo a farle coesistere». E ci stupiamo se uno dei simboli dell’estate, il Cornetto, l’abbia già scelta per il suo spot; se è il pezzo più trasmesso dalle radio o se ci basta sentirlo di sfuggita in un bar per poi cantarlo tutto il giorno? Non stupiamoci, è il pop.
Cesare Cremonini in "Logico" dimostra ciò che aveva già messo in luce negli anni precedenti. Un’indubbia buona scrittura, maturata con il tempo e con l’esperienza, e che i bravi, se non si perdono e seguono il proprio percorso, possono andare lontano e convincere anche i più schizzinosi che il mainstream non è sempre così brutto come lo si dipinge.
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La recensione Logico di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-19 00:00:00
COMMENTI (1)
Un album che ha "logico"come manifesto, non puo poi contraddirlo con tutte le altre tracce;la considero una presa in giro.L'album piu convenzionale e prevedibile di Cremonini, che avrebbe potuto essere il primo album solista dopo i lunapop e invece arriva dopo almeno due album(gli ultimi) pieni di sorprese , all'insegna di un pop comtaminato e venato di quella sottile malinconia, mai melensa, che li poneva al di sopra di tutti i pregiudizi che l'autore si portava dietro. Qui, invece, a parte la bellissima "logico", ci si assesta su di un pop convenzionale e poco ispirato, capace di riaccendere quel vecchio pregiudizio.Personalmente, mi aspettavo molto: che delusione.