La prima sensazione che ho provato dopo aver ascoltato una manciata di secondi e di note di “Cheap and Kool” è stata quella di avere vent’anni. Ottimo, perché io ne ho pochi di più e quindi mi si appiccica bene addosso quel carico di emozioni che ti porti dietro a questa età, sembrano pesare centinaia di tonnellate, ma sai qual è il bello? Che basta poco per far sì che il loro peso specifico cambi e in un attimo è tutto leggero, colorato, sgargiante. Proprio come il disco di The Burlesque, basta metterlo su e tutto cambia forma.
Ed ecco che il sound dei Vampire Weekend prende forma nelle chitarre croccanti e sfrontate di “No Sun Allowed”, i riff scintillanti degli Smiths si riflettono su “Young Love”, correndo per mano ai Mystery Jets e al loro mood un po’ scoordinato. E ancora le cavalcate brit pop dei primi Blur si trasformano in “Step by Step” con i suoi cori scanzonati, e la freschezza dei Kooks, miscelata a echi dei Maccabees, prende forma nei colori vividi di “Animals”, fino ad arrivare alle sponde più malinconiche dei Thrills che rivivo nella dolcissima “Small Town”. Il background ideale è un club mancuniano, underground, fumoso e caldo, fuori l’asfalto bagnato dalla pioggia e le aspettative di quando si è giovani e affamati di vita, e mi chiedo cosa importa se oggi è stata una giornataccia, se adesso mi sembra di sentire Eugene McGuinness che duetta in “N.Y. (Waiting)”, e sono certa che in questo quadretto brit ci sarebbe Graham Coxon alla batteria, mentre cantiamo tutti insieme “We All Live Together In The Same Planet”, che si ripete ininterrottamente per quasi cinque minuti.
Forse mi sono catapultata un po' troppo al nord? Ma che importa, tanto tutto è possibile quando si ha vent’anni, giusto?
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