Progetto ambizioso, quello degli emiliani Empatee du Weiss, che prefigura un ideale giro del mondo in chiave strumentale, passando per Russia, Maghreb e Sud America. La base di partenza è lo ska, quello più contaminato (jazz ma non solo), e diversi brani si collocano proprio in questo solco.
Molti dei riff, che dovrebbero essere il fulcro della proposta, appaiono però abbastanza privi di mordente ("Pausa caffé", "Empatee") o già sentiti ("Il treno") quando non stereotipati, appena si spingono al di là della Giamaica ("Kebab", "Vodka"). Non va meglio, purtroppo, con gli assoli, in cui i sassofonisti, a cui viene lasciato ampio spazio, sono ben lontani dal trovare la quadratura del cerchio dell'improvvisazione (meglio si comportano invece chitarrista e pianista).
L'impressione, ascoltando questo "The scomposer", è che gli Empatee du Weiss debbano ancora crescere, musicalmente parlando, ma anche che abbiano tutti i numeri per farlo: gli arrangiamenti e le dinamiche, ad esempio, sono molto ben studiati, e il modo in cui i vari interventi strumentali si incastrano tra di loro dimostra la validità e l'originalità dell'idea di fondo. Una cosa da non dimenticare, impostando il necessario lavoro per il disco successivo.
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