Consiglio: chiarirsi le idee. Perché certe volte, a voler fare tanto, non viene bene niente.
C'è decisamente qualcosa che non va se mentre ascolto un disco mi viene da farmi la domanda “a proposito, che ne è stato di Massimo Di Cataldo?”. Mi è successo durante “Nell'attesa”, un concentrato della peggior sanremesità anni novanta tutto voce spiegata e immagini climatico-stagionali tipo “aspetteremo Natale fra addobbi, festoni, la neve”.
L'altra domanda è: Walter, tu cosa vuoi fare precisamente? Il cantautore poetico narrativo retrò con la foto di De Andrè sul comodino (“Il comico”, “La canzone del re”)? Il brillante alla Silvestri? L'etnico con la boccia di vino del consorzio (“Gira, vota e furrìa”)? Il neomelodico (“Dove il sole splende”)?
A quanto pare se lo chiede anche lui quando, in “Se avessi fatto il cantautore”, soppesa prima la possibilità di diventare un artista serio e impegnato che fa “pezzi di quelli che non capisci il senso neanche se ne sei l'autore” e poi quella di darsi invece al più sfacciato pop “senza diesis, niente bemolli, tenere il tempo in quattro quarti”: una canzone che vorrebbe essere ironica ma invece, nel contesto, diventa una dichiarazione di intenti artistici piuttosto confusi.
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La recensione Due di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-17 00:00:00
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