Sound spurio ma molto ben costruito, tra Audioslave, Yes e Pentangle
Un sound spurio ma molto ben costruito, quello dei Ghost Mantra, che mescolano in parti uguali post-grunge, progressive e anche qualche digressione hard rock. Se il cantato del bravo Paolo Valsecchi e alcuni brani come "Shape to burn" sembrano rimandare al Chris Cornell del periodo Audioslave, la copertina e molti passaggi di "Aphelion" chiamano in causa direttamente il prog di gruppi come gli Yes, ovviamente un filo "rinforzato" e adattato ai tempi.
L'acustica "Shelter in hell" dà poi un'altra prova della versatilità dei Ghost Mantra, con un'inizio quasi alla Pentangle che svela piano piano i vagabondaggi vedderiani del cantato, anche nel pregevole e sostenuto finale.
Non si può dire che facciano musica "di moda", questi ragazzi lecchesi, ma hanno dalla loro una tecnica invidiabile e una composizione personale che cura nel dettaglio tutte le variazioni e le dinamiche, cosa rara per un esordio. Se apprezzate i gruppi che li hanno influenzati, è difficile che questo disco vi dispiaccia. E magari c'è caso che vi piaccia parecchio.
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La recensione Chandrabindu di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-08-25 00:00:00
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