Massimiliano Larocca canta i non garantiti. Guardando in direzione Nord America
Se lì in mezzo fossero finiti anche i cavalli di Cormac McCarthy, non ci sarebbe stato nulla da dire. Trovi così tanta America – quella posizionata più a nord, si capisce – in “Qualcuno stanotte” che anche un equino selvaggio di contorno avrebbe fatto la sua porca figura. Ma il nuovo mondo finito nelle tasche di Massimiliano Larocca si trova a Firenze, quartiere Rifredi. Dove il chitarrista è nato e cresciuto, dove, negli anni ’80, parole sue, “l’eroina si trovava dappertutto e io vedevo i ragazzi autodistruggersi davanti alla porta di casa”.
Ma c’è vita oltre le spade, c’è sempre stata. Il lavoro da difendere, la città illuminata e le sue trappole, i magnifici perdenti, gli invisibili, tutta quella umanità che in un altro contesto e in anni sin troppo lontani avremmo definito come appartenente alla marmaglia dei “non garantiti”: Larocca è il loro cantore, colui che finisce per constatare, con non poca amarezza, che “non c’è pace nel cuore della gente” ma che poi sa sin troppo bene che si può uscire indenni anche da un diluvio.
Le stelle e le strisce, si diceva poco sopra. Comun denominatori tra dodici canzoni perse tra la rabbia di Lou Reed, proprio quello che sfogava il suo ego tra i dirty boulevard, l’energia di Elliott Murphy, gli echi di Bruce Springsteen (guarda caso, due che, in gioventù, furono accostati a tale Bob Dylan). Sarà vero che alla fine si finisce per citare Fabrizio De Andrè (in “Piccolo Eden”, nient’altro che la rivisitazione di un pezzo dei Gaslight Anthem), forse perché a forza di raccontare storie si dovrà pur omaggiare i maestri al di là del loro passaporto; altrettanto vero che il rock di strada non è l’unico passatempo del Larocca. Che, grazie alle incursioni dei Sacri Cuori, trova alleanze strategiche con il jazz (a proposito, la cover del disco ricorda forse qualcosa o qualcuno?), ben tradotte in special modo nella versione fumosa di “Luci della città”.
“Qualcuno stanotte” brilla grazie alla compattezza del suono, evidente anche quando la band rinuncia a spingere sull’acceleratore, e alla voce al catrame del cantautore toscano. Al netto di un paio di forzature ai testi, un album bello ed evocativo, da non archiviare troppo in fretta. Da tenere accanto in caso di emergenza, insomma.
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La recensione Qualcuno Stanotte di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-09-29 00:00:00
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