Avrebbe potuto essere un piacevole disco di blues classico, ma la voce non riesce a tenere il passo della band
Ottimi musicisti, pezzi musicalmente non male, per questo che sarebbe un piacevole disco di blues classico (con qualche leggera sfumatura country e una puntatina in zona reggae come "Breakin' down").
Sì, esatto, "sarebbe", perché la voce del leader Michele "Matt" Biondi (che pure sarebbe un valido chitarrista) non sembra riuscire a tenere il passo della sua avviata formazione. Questione principalmente di timbro, troppo chiaro e definito, poco adatto a generi afroamericani in cui la voce sia centrale, ma anche di interpretazione, quasi sempre "piana" e poco credibile e coinvolgente. Aggiungendoci una pronuncia (e una scrittura testuale) inglese non esattamente scintillante e un paio di brani evitabili come "Uncle", il quadro non appare dei migliori.
Ed è un peccato, perché ascoltando l'interplay dei solisti (ad esempio in "Theft", per dirne una) e l'affiatamento dell'asse ritmico la sensazione che Matt e i suoi siano assolutamente in grado di suonare del buon blues. E appunto, lo farebbero già se avessero un cantante più tagliato (attenzione: non per forza più tecnico) per il genere.
Si sa quanto è dura dire al leader di una band di fare un passo indietro, ma in questo caso potrebbe davvero essere per il bene del progetto. Tutto dipenderà dall'umiltà e dalla voglia di mettersi in gioco di Matt Biondi, che come detto rimane un bravo chitarrista e un compositore con diverse intuizioni. Time will tell.
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La recensione A better life di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-15 00:00:00
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