Cantautorato in salsa folk irlandese, le basi ci sono ma il risultato pecca di ripetitività e manca di energia.
Dopo due lavori dalle sonorità prevalentemente country, il cantautore veneto Antonino Di Cara da alle stampe “Dietro il sipario”, disco le cui coordinate geografico-musicali risultano dal primo momento essere chiaramente quelle della musica folk irlandese, pur rimanendo visibile, soprattutto nei passaggi con più banjo, qualche impronta country.
È un tipo di sonorità che non sarà nuovo ai fan di Modena City Ramblers et similia o, stando molto attenti con i paragoni, Angelo Branduardi. Pertanto, chi non apprezza il classico fraseggiare del fiddle o i tappeti di banjo farà meglio a dirottare i propri ascolti su qualcos’altro; agli altri, un ascolto è consigliato, ché la formula del cantautore-menestrello qui presentata non è priva di spunti interessanti.
Bisogna però dire che il disco soffre di evidenti limiti, soprattutto di una certa immaturità degli arrangiamenti vocali, che a volte non sfruttano al meglio neanche le varie buone intuizioni melodiche, e di una generale monotonia di suoni, atmosfere e strutture, interrotta solo da rare puntate in territori leggermente diversi (“Giuda” e “Don Giovanni”). C’è anche da dire che a causa della scarsa presenza della sezione ritmica le canzoni spesso procedono stancamente, arrivando a fatica ad esaurire i loro minutaggi, peraltro spesso relativamente elevati. Alla fine si rischia che, dopo un paio di picchi qualitativi iniziali (l’energica opener, brano migliore del lotto o la balcanicheggiante “Giuda”), l’attenzione dell’ascoltatore cali rapidamente e si perda, magari riprendendosi sporadicamente per qualche altro buon episodio verso la fine del lavoro (“L’analfabeta”). Ma va detto anche che guardando ai testi, semplici e spesso ripetitivi ma graziosi, o alla ricchezza melodica e di arrangiamenti di molti passaggi strumentali, si vedono chiaramente un armamentario tecnico e una sensibilità compositiva adatti al genere; magari è solo questione di allenamento perché si riesca a dare alle composizioni la necessaria scossa in termini di varietà, energia e concisione.
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La recensione DIETRO IL SIPARIO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-04 00:00:00
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