Nonostante il cross stalking sui Social Network e una ricerca su Google, non mi era ancora ben chiaro da dove arrivassero gli Zeman. Tutto quello che avevo trovato su di loro erano due videoclip realizzati con spezzoni di film culto e quattro righe di spiega su quello che fanno. Poi un mio amico li ha likati su Facebook e allora ho chiesto a lui. "Ehi C, conosci questi? Devo recensirli."
Risposta di C: "Sì, conosco Ste, era all'università con me. Passato alla storia come il centrocampista più talentuoso di Scienze della Comunicazione. Bestemmiava facile e a un certo punto si è messo a fare il bassista e il pubblicitario. Trieste based, ma pescarese verace! Se no perché Zeman? Se il gruppo si chiama così c'è il suo zampino, te lo garantisco." Un po' di gossip per addolcirvi la lettura, niente di che. Il giudizio su di loro resta invariato: teenage angst, a manetta.
Toglietevi dalla testa i Placebo, non parlo di malinconia. Parlo di rabbia, rabbia autentica, quella che si prova solo da adolescenti. Il singolo è praticamente una trasposizione in metrica di quello che abbiamo provato *tutti* tra i 13 e i 19 anni, quando i giorni si ripetevano uno dopo l'altro in una routine ossessiva. Quando la parola "novità" faceva sempre da apripista alla delusione, la solitudine era la sola vera certezza e l'incertezza l'unica compagnia. E tu eri bloccato in quella condizione emotiva che rende tutti i giorni uguali, quella che Wilde chiama "il Dolore". Quanto ti faceva incazzare, tutta quell'apatia: ti ritrovavi sul letto a guardare il soffitto, costantemente anestetizzato, pensando a tutto ma senza sentire niente. "Ti chiedi ogni mattina se tornerà il sole". E ogni mattina dovevi trovare il coraggio di risponderti: "magari domani". Gli Zeman sono riusciti a rendere immediato uno stato mentale al quale per anni ho fatto fatica persino a dare un nome, quindi per quanto mi riguarda hanno appena confezionato un ossimoro.
Ora, infarcite questo spirito adolescenziale con un sound maturo e punk e avrete un singolo con lo spessore necessario per essere credibile. L'indole da pecora nera degli ultimi Gazebo Penguins mista a una vaga tendenza da polizziottesco, che fa venire in mente i Calibro 35. Quasi a rimarcare, anche negli arrangiamenti, che la linea che segna il confine tra un adolescente incazzato e un piccolo criminale non è altro che un filo teso tra la ribellione e l'inesperienza, sul quale solo alcuni imparano a stare in equilibrio.
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La recensione Se tornerà il sole di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-09-10 00:00:00
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