Sentimenti acustici nella prima parte di una trilogia di cui viene voglia di ascoltare il seguito.
Cominciamo dalla fine: da una cover di Damien Rice (“The animals were gone”) che se non sapessi che è una cover di Damien Rice potresti credere tranquillamente che sia la canzone voce, chitarra e anima sofferente che chiude un disco tutto canzoni voce, chitarra e anima sofferente.
Esatto, uno di quei dischi a effetto piumone: quelli che ti metti su quando senti freddo e hai bisogno di qualcosa che ti culli e ti faccia sentire meno solo, anche se quel qualcosa è una canzone che parla di solitudine, anzi è meglio se parla di solitudine così ti fa piangere e ti consola insieme.
Qualcosa a cui, come agli album di Damien Rice, o di Elliott Smith (ispirazione dichiarata quanto evidente), non chiedi che ti faccia saltare di stupore o che ti sbatta addosso sentimenti eclatanti.Qualcosa a cui, come agli album di Damien Rice, o di Elliott Smith, chiedi che ti parlino e che parlino di te, dei tuoi fantasmi, delle tue stanze vuote, dei tuoi amori e dei tuoi errori. E che lo facciano senza urlare e senza rumoreggiare, ché certe volte una chitarra basta a raccontare tutto, e questo è uno di quei casi in cui davvero c'è ben poco altro da chiedere: una chitarra acustica, una voce sincera, e le canzoni che un po' ti confortano e un po' ti fanno male. Certe volte è tutto quello di cui c'è bisogno.
Se invece non ti basta, puoi aspettare i seguiti della trilogia di cui fa parte "Eight part one". Anch'io li aspetto, ma nel frattempo sto bene anche così.
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La recensione Eight part one di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-06-06 00:00:00
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