Il sardonico titolo (“…aspettando una major”) rende già l’idea della notevole carica ironica di questo deragliante combo romano, che presenta così il suo esordio, su una piccola etichetta indipendente. Se poi si presta attenzione al vezzoso artwork del cd, che nella sobria copertina fa bella mostra di una farsesca fila indiana di topolini stilizzati, saltellanti in un’allegra processione che finisce dentro la ben tornita intimità posteriore del gatto, si può cogliere l’altro elemento che permea questo lavoro: un’obliqua ed eccentrica forma di follia. I Buzzer P, in effetti, non sono altro che una funzionante macchina dell'assurdo, che ha il solo scopo di frantumare strutture indie-pop e rimaneggiarle in figure teriomorfe implausibili e contaminate da pericolanti inserti sintetizzati; al posto di unti ingranaggi e sferraglianti ruote dentellate, questa macchina diabolica ha pezzi di Brainiac, Trumans Water, Captain Beefheart e Devo, tenuti insieme da elastiche ed impazzite catene di no-wave e di non-sense. Il risultato è incredibilmente entusiasmante, impagabilmente dissonante e aristocraticamente sprezzante del metronomo. Dopo la prima traccia, una burlesca introduzione rumorista, partono "Kiss the momma" e "Poffi's Brain", in cui, benché siano percettibili tentazioni arty, come fratture ritmiche, pozzanghere di free, cambi e avvicendamenti guizzanti nella ritmica, il noise si stempera in una duttile attitudine pop, solare e divertente, che ne alleggerisce le pretese senza sminuirle, e che rende i pezzi immensamente godibili. "Mustafà" è invece una strimpellata sequenza wave cantata a due voci (una delle quali pitchata fino all'ottava superiore) che esplode in pesanti ritornelli di stampo crossover. "Crumble" incomincia richiamando il nume tutelare dell’eclettismo militante Mick Patton (il rumore delle labbra bagnate e la vocina strozzata incrociano Pranzo Oltranzista con il “Disco Volante” dei Mr. Bungle) e continua con riferimenti, anche qui palpabilmente crossover, ai Rage Against The Machine, spremuti però dentro la macchina dissonante di cui sopra, e quindi ridotti alla declinazione di forme indie-pop attraverso l’attitudine folle e destrutturante che è la vera anima della band. "Rio Negro" parte come un pezzo dei Faith No More, ma presto mostra la sua vera natura di un viaggio psicopatologico che termina, accompagnato da chitarre-mandolino e da effetti sonori cartooneschi, in una sagra di paese messicana. Un synth techno e un drumming shellachiano aprono invece le danze di "Space P", il singolo che sarebbe bello sentire in tutti i networks di un mondo perfetto che purtroppo non esiste, mentre "Weo wao" e "Sella Blues" hanno tanta furia rock’n’roll da ricordare subito Jon Spencer, almeno finché una pazzia di matrice beefartiana/zappiana non prende il sopravvento scombussolando tutto e creando un parapiglia infernale. Il disco termina con con una cantata a cappella (in tutti i sensi) che rimanda tanto alla chiusura del cover album "Diver Down" dei Van Halen quanto al "Techno-siciliano" dei milanesi R.U.N.I. (ai quali i Buzzers si avvicinano in alcune intuizioni, pur restando marcatamente più noise); e alla fine, è davvero faticoso togliere dal lettore questa bruciante pastiglia made in Italy di rumore-post-wave-post-punk all'uranio.
---
La recensione …Waitin’ For A Major di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-06-22 00:00:00
COMMENTI