Di dischi così a volte si sente davvero il bisogno: “Way to the ground”, anomalo concept sulla morte dei vicentini Hop Frog & Mr. K., non dice nulla di nuovo, ma la sua particolare declinazione di territori già battuti convince per freschezza e qualità. Prende le mosse dal Tom Waits e dal Nick Cave più bluesy e oscuri, quelli di “Frank wild years”, delle “Murder ballads” o di “From her to eternity”, per intendersi. Ma opera incroci inaspettati: con il Medioevo folk che fu di gente come Pentangle, come in “September moon”, delicata e struggente; con il folk di protesta dei signori Donovan e Dylan, il tango maledetto di un maestro di casa nostra come Vinicio Capossela (“Cruel hands”), la canzone d’autore nobile di Brassens, De Andrè e Bubola (“Death of a dream”, quasi una “Sally” medievale). Spunta anche il fantasma di mr. William Burroughs, come nel recitativo di “Sweet Sue’s odissey”, dove su una allucinata base di mbira (una sorta di vibrafono dello Zimbabwe), Hop Frog snocciola versi facendo sovvenire il ricordo di “The priest they called him”.
È perciò il caso di dire che il risultato è superiore alla somma degli addendi: miscelando tante influenze, spiazzando continuamente l’ascoltatore, Hop Frog & Mr. K. si costruiscono una personalità ben definita e intensa, dando vita a un disco che non stanca nemmeno un po’ e si fa riascoltare più che volentieri. Merito anche degli arrangiamenti pieni di gusto e finezze, della qualità degli ospiti, e della bella voce di Hop Frog. Che per chi se lo chiedesse, è il protagonista di un racconto di Poe: un buffone nano che si vendica del crudele re portandolo a una voce orribile. E Mr. K coerentemente si fa individuare come il protagonista de “Il processo” di Kafka, condannato a morte per una colpa oscura.
Disco colto, bello, intelligente, emozionante, per nulla difficile. Bravi.
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La recensione Way to the ground di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-06-25 00:00:00
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