PPQ 432 HERTZ MUSIC
P.P.Q. 432 Hz music 2014 - Cantautoriale, Psichedelia, Progressive

P.P.Q. 432 Hz music

Gruppo prog con le sue buone qualità ma che non è capace a spingersi oltre con l'immaginazione

Andiamo per gradi perché il progetto in questione non è facile da spiegare. I PPQ 432 Hertz Music nascono dal cantautore Stefano Ricci ed il flautista Massimo Falchi. Decidono di mettere in piedi un progetto dove la forma canzone si mescola al progressive, si aggiunge il chitarrista Federico Civiltà e il gruppo si carica di una buona dose psichedelica. In più, ed è un punto fondamentale del progetto, scelgono di accordarsi a 432 Hz invece che a 440, la cosiddetta accordatura aurea, e pare che tale accordatura sia terapeutica sulla salute dell'ascoltatore.

Se dovessi descrivervi in poche parole questo disco: è un album che prende molto dagli anni 70, italiani soprattutto. L'inicipit ti rimanda subito ad "Anima Latina" di Battisti, il procedere fiabesco di "Lo specchio del ricordo" ovviamente fa venire in mente Branduardi, o quell'incedere lento della voce che, in "òniro", ti riporta in un attimo a De André. Ma, e ci tengo a sottolinearlo, non è un progetto banale: di quelli dove si capisce immediatamente di aver a che fare con i classici 60enni che trent'anni prima facevano le cover dei Pink Floyd e Le Orme e oggi continuano a fare pezzi inediti giusto per impegnare la domenica pomeriggio lontano dalle mogli. In "Verso il centro di un'idea", per dire, si viene cullati in una ballata lunga stile "Astral Weeks" di Van Morrison, oppure "Una piccola pausa (dalla quotidianità)" parte con un modo di cantare freddo e distante stile Fiumani - che sicuramente non sarà tra i riferimenti principali del gruppo ma mi aiuta a spiegarvi l'effetto straniante della parte iniziale - passando poi per Morricone e concludersi in fine con il coro della scuola di F. Lana di Brescia. Un suo senso ce l'ha.

I punti deboli potete immaginarli da soli: la registrazione è poco più che amatoriale, benché le doti tecniche ci siano (soprattutto vocali) difficilmente lo si distingue dal demo dei 60enni raccontati prima. Mancano molti dettagli e soprattutto una spinta decisamente più ardita e decisa, qualcosa che convinca davvero sull'aspetto terapeutico del gruppo e sull'immaginario onirico che ne dovrebbe conseguire. Rimangono, pacatamente, nel mezzo. Con tanti piccoli errorini (i cori femminili in "Lo specchio del ricordo", ad esempio) che sporcano il risultato finale conferendo un senso raffazzonato che il gruppo, in fondo, non si merita. Manca una buona dose di coraggio, il resto potrebbe venire da sé.

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