Un disco leggero, poco impegnativo e che annoia in fretta. Musica derivativa di band brit pop ormai passate. Meglio tentare un'altra strada.
Non so più come dirlo che se una band decide di confrontarsi con un genere come il brit pop, rischia davvero di incappare in errori che sembrano (e, di fatto, lo sono) insormontabili. È questo il caso di The Moon, band udinese alle prese con il secondo album "Waiting for yourself", una serie di cliché musicali derivativi e poco piacevoli.
Già dalla opener ”Valium”, con quei riff di chitarra pop-rock e il cantato leggero e un po’ scanzonato che ricorda i primi Oasis meno impegnati, si percepisce dove il disco voglia andare a parare (vedi alla voce "anni '90, british invasion"). Nella seguente “Make it in the easy way you know” spuntano i fantasmi degli Shed Seven, quelli di “Going for gold” per intenderci, mentre con “Carolyna” per un attimo si ha l’impressione di una lieve svolta più rock, uccisa però dopo una manciata di secondi dalla stessa impostazione dei precedenti brani, un punto mediano fra sonorità immediate tipiche della musica pop e un sound più scarno, quasi lo-fi. Un altro fattore che mi è saltato subito all’orecchio è stata la continua ricerca del ritornello memorabile (e con memorabile intendo che vuole rimanere in mente), come nella delicata “Electric Level”, antenata di “Songbird” dei fratelli Gallagher, o nella serie infinita di rime di “Cannot Be”.
In generale il mood del disco è molto sottotono, senza uscire mai dai binari forse troppo comodi del genere al quale la band si è voluta ancorare, senza mai tentare una svolta più personale. Potrei andare avanti a descrivere anche il resto di “Waiting for yourself”, ma si riduce ad essere un ascolto molto leggero, poco impegnativo e che annoia in fretta. Insomma, gli amanti della british invasion sono tradizionalisti sì, ma hanno già i propri idoli ed emularli in maniera così palese non serve poi a molto. Forse è meglio tentare un’altra strada che non implichi risulatare una mera imitazione di band del passato, invece che aspettare di trovare voi stessi, che ne dite?
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La recensione Waiting For Yourself di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-27 00:00:00
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