La giusta spinta per allontanarsi dalla mediocrità. Psichedelia e punk per un disco davvero bello
Dei For Food ve ne avevamo già parlato bene quando era approdato qui da noi con il primo Ep “Snow”, più di due anni fa. Quel pop psichedelico, sporcato e imbottito di potenti iniezioni punk non si è per nulla addolcito nel corso di questi anni ed ora si riversa a fiotti, distribuendosi con intelligenza, su ognuna delle 8 tracce che compongono “Don't Believe in Time”.
Stridenti come la brevissima traccia d'apertura, che quasi lacera i timpani (attenzione al volume, quando farete partire l'ascolto – vi consiglio) ma che scuote con energia il sonno delle menti, i For Food sono capaci di metamorfosarsi sotto le luci della città (“City Lights”) capovolgendo ritmi ed atmosfere all'interno dello stesso pezzo per un complessivo sali-scendi a velocità alternata. Belli, avvolgenti, affascinanti: distorti e con la batteria fissa su cassa e timpani accompagnata dalle due voci maschili e quella femminile che si intrecciano e si sovrappongono senza risparmiarsi sospiri e riprese di fiato, o risate (“Love, sex&drugs”). Non ci sono vuoti in un questo disco, non ci sono momenti in cui pensare cosa stai ascoltando, perché gli input non finiscono mai. Eredi del migliore noise/post punk degli anni a cavallo tra gli 80 e i 90, si elevano per la capacità di sperimentare (come l'inizio folk, quasi tex-mex di “Le petite mort”) che li fa sembrare simili a molti ma uguali a nessuno.
Chi si ricorda dei primi liveshows dei Jesus and Mary Chain? All'inizio poco pubblico, ma esageratamente coinvolto. Ecco, questo gruppo si meriterebbe successo del genere. Un lavoro che si spinge oltre, tanto in là quanto è giusto andare per allontanarsi dalla mediocrità.
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La recensione Don't Believe In Time di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-07 00:00:00
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