“Sono una conseguenza degli anni ‘80” confessa candidamente Rent. Nel bene e nel male, aggiungiamo noi.
Che il titolo suonasse velatamente new wave ce n’eravamo accorti un po’ tutti, per quel suo accomodarsi a metà strada tra il litfibiano “Re del silenzio” e il “desiderio del nulla” di diaframmana memoria. Nulla di nuovo, però, trattandosi di Rent, visto che il musicista veneto ai rigurgiti new wave, appunto, ci aveva già abituati in occasione del suo esordio “La muerte” del 2011. Se quel disco si lasciava annichilire dalla parte più artificiosa degli anni ’80 e da una zuccherosa decadenza di fondo questo “Re del nulla” non sembra poi affrancarsi più di tanto dal peso ingombrante di quella decade se non per una più marcata voglia di musica leggera all’italiana. E come poteva essere altrimenti al cospetto di una confessione bella e buona come quella di “Odio la musica anni 80” che, su palpabili frequenze bluvertighiane, sbandiera “Sono la conseguenza degli anni ‘80 / Sono un prodotto degli anni ‘80”.
Rent non può, e non vuole, districarsi da quella scintillante ragnatela di umori e suoni che lo immobilizza fin da quando era ragazzo e questo, forse, sarà per sempre la sua croce: completamente fossilizzato sull’elettronica più riempitiva di un trentennio addietro il buon Matteo Ferrarese è su quest’ultima che costruisce metodicamente tutte le sue canzoni, qualche volta sconfinando nel future-pop nord europeo (“Tutto questo mi diverte” e “Senza di te”) talaltra mescolando a caso i primi ’80 tricolori – come quando in “Resta con me” fa cazzeggiare, a loro insaputa, il giovane Vasco di provincia con il bel Garbo metropolitano – o più semplicemente riproponendo canovacci lirici da proscenio sanremese (da “Amante silenzioso”: “Sarò il tuo angelo custode / Sarò l’acqua che ti toglie la sete / Sarò tempesta se mi arrabbierò”).
In un tripudio di arrangiamenti ripetitivi e armonie vocali non proprio irresistibili e in un'overdose di "che" inchiodati a chiosare le strofe, l’episodio migliore arriva, purtroppo, solo in zona Cesarini nelle radiofoniche vesti di una bonus track dal vago sapore cremoniniano (“Oscar Wilde”).
Ancora ben lontano dal magnetismo di Garbo, quanto dallo stile di Luca Urbani o dal fascino noir dei Gaz Nevada, Rent finisce per accasarsi, ancora una volta, dalle parti di quel piacione di Scialpi.
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La recensione Re del nulla di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-18 08:00:00
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