Gabriele Graziani, ovvero Chiazzetta, si innamora di tutto. E si butta in picchiata sul punk, sulla techno come sul metal o sull’acustico. Elenco che potrebbe continuare, peraltro. Una varietà di stili (“Un indegno miscuglio dei generi più disparati”, parole del diretto interessato) forse disturbante ma con un suo perché, funzionale a un disco nato con l’ambizione di immergere i propri suoni tra gli inferi dell’umana condizione e delineare con crudezza la degenerazione della società occidentale.
Un “concept album”? Perché no? In fondo, “I mostri” non è nient’altro che un libro aperto sulle nostre paranoie, sulla follia, su depressione, malattia, libertà obbligatoria. Quattordici capitoli di una storia narrata senza troppi giri di parole, a volte con ingenuità, altre con estrema lucidità. Fantasmi, mostri, appunto, da esorcizzare, scacciare via, con l’aiuto fondamentale di una massiccia dose di rabbia e ricorrendo al linguaggio di strada. Non è un caso che Chiazzetta fornisca il meglio di sé quando è il rumore ad aleggiare tra le sue canzoni: le incursioni tra l’house e la techno appaiono meno convincenti (così come qualche forzatura nei testi) e forse un po’ troppo scolastiche, ma nel complesso “I mostri” è un disco interessante e sufficientemente accessibile anche per chi fatica ad apprezzare le troppe variazioni sul tema.
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