Alla prima prova l'avevamo rimandato. Alla seconda, ci tocca farlo di nuovo: serve più impegno.
Ci sono canzoni e dischi in cui i testi sono accessori, magari belli ma non centrali. E ci sono canzoni e dischi in cui i testi sono il perno intorno a cui ruota tutto. Di norma si suppone che un album “parlato” appartenga alla seconda categoria e che quindi, quando lo si ascolta, ci venga tacitamente richiesto di concentrarci sulle parole, ricevendo in cambio versi poetici e significativi. Ecco, in questo disco, tutto fra lo spoken e il rappato, ci viene chiesto di concentrarci. Troppo. Perché le tante parole sono spesso incomprensibili, ci vuole davvero impegno per capire di cosa parlano i testi sussurrati, affastellati, mal scanditi.
E poi, dopo che ti sei messo lì ad ascoltare con tutta la buona volontà, la ricompensa non sono i versi particolarmente poetici e significativi di cui sopra: scampoli di vita quotidiana e lamento giovanile, a tratti anche carini nella loro sincera ingenuità, ma nel complesso veramente troppo diaristici. E recitati su basi elettroniche che non brillano per creatività e varietà, che quando va bene vorrebbero ricordare i Gorillaz (“Ti amo anche se scappi”), quando va male cadono nella disco da luna park (in “Crank” è probabilmente voluto e ironico, in altri momenti temo di no).
L'effetto finale è quello di ascoltare dei Massimo Volume delle scuole medie. Resta solo da sperare che Alessandro Cicioni riesca prima o poi ad arrivare, se non all'età adulta, almeno all'università.
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La recensione Steffy di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-03 00:00:00
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