I lettori più scaltri riscontreranno immediatamente qualcosina di sinistramente familiare nel nome che questo duo marchigiano si è cucito addosso. Ci siete arrivati, vero? Bela Lugosi è stato un leggendario attore ungherese di film horror al quale i grandi Bauhaus dedicarono uno dei loro brani più celebri (“Bela Lugosi’s dead”, appunto). Una dichiarazione d’amore, dunque, che più candida di così non poteva essere, quella di Sara Paradisi e Camillo Perazzoli, verso ben circostanziati scenari musicali e cinematografici.
E allora giù pesante di sinfonie gotiche, catacombali suggestioni da horror-movie, aperture cattedraleggianti, prog gobliniano anni ’70, synth-wave sepolcrale, suppellettili danzerecce Vecchia Europa, orologi a pendolo che segnano sempre mezzanotte e tanta voglia di cazzeggio vestito di nero.
L’anima sinfonica dei Lacrimosa accompagna solennemente “The golden bug”, “The Milky Way” ripercorre gli arcani sentieri dei primi Dead Can Dance, così come fanno “Till we are buried” e “Filthy sinners” ma su ben più orrorifici registri cinematografici (con tanto di malevole vocine fanciullesche a dispensare brividi alla schiena!), “Tonight the dead can dance” rispolvera la dancefloor spettrale dei Clan Of Xymox, “The vampire bat” ricama magistralmente dark-wave joydivisioniana a suon di tastierone mentre “Osanna” azzarda scampoli di sperimentazione tra i Baustelle più funerei e i Sisters Of Mercy.
Davvero in gamba i ragazzi a orchestrare un lugubre e accattivante intrattenimento semplicemente giocherellando con le tenebre e la paura, il citazionismo e la fine ironia, come del resto il divertissement giappo-tronico di “Testaferro” e quello liturgico di “Sumo wrestler” stanno lì ricordarci.
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