Esperimento non riuscito in pieno, dai Gramlines ci aspettiamo molto di più
Il primo ep dei Gramlines risale al 2012 e si chiama “Burning Lights”. Una brevissima tracklist suonata con destrezza e passione veramente notevoli. Un’equazione quasi perfetta di strumenti e voce che omaggia la psichedelia degli anni ’70, seguendo la cui luce i Gramlines avrebbero potuto evolversi nel sound proto-metal dei Kadavar, oppure in quello neo-psichedelico dei Black Mountain.
“Coyote” è invece un ep emotivamente statico. La qualità tecnica del gruppo e della registrazione è palese, ma ascoltandolo la domanda che sorge spontanea è “Aspetta…Chi mi ricorda?”. È un continuo rimando alle proprie ispirazioni musicali senza lasciar trasparire altro.
“The thrill of a break down” apre l’album facendoti subito capire che ai Gramlines piacciono i Queens Of The Stone Age, ma dopo un paio di minuti si è sorpresi da altri tre generi: ritornelli e tastiere dal sapore puramente pop, linee di basso tipicamente funk e una voce spigolosa alla Alex Turner. L’anima stoner è un sottofondo quasi impercettibile, sommerso da mille altri punti di riferimento stilistici che creano tanta confusione.
“The Road” è il pezzo migliore: è il più omogeneo, regala suoni decisamente più ricercati ed è dotato di una linea melodica sensata. Il fingerpicking che ti accoglie è a dir poco meraviglioso, e l’intera struttura del pezzo risulta lineare. Anche la voce trova un valore diverso e un’esaltazione bellissima. Praticamente lo si può definire come l’unico pezzo dotato di vita propria all’interno della tracklist.
Se “Coyote” è l’ep che segna la scelta del sound caratteristico dei Gramlines, abbandonando così la via intrapresa con il primo ep, la curiosità nell’ascoltare un full length vive nella speranza di una piccola redenzione.
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La recensione COYOTE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-24 00:00:00
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