Tre brani che si rifanno (anche troppo) ad un certo grunge "flanelloso."
Se il povero Gianbattista Vico fosse ancora della partita, si vedrebbe costretto a riformulare la famosa teoria dei corsi e ricorsi della storia. E non in virtù di una qualche astrusa condizione geopolitica attuale ma alle prese con questo lavoro dei cremonesi Jonathan Grass, che oltre ad essere fuori tempo massimo per il corso della storia, lo sono anche per il ricorso della stessa.
Tre brani che trovano le proprie coordinate in quella Seattle che vide deflagrare, sul finire degli anni ’80, quel fenomeno flanelloso a nome grunge. Se però in quel coacervo di band nate sulle sponde del Pacifico vi si trovavano esempi di notevole pregio quali Green River, Mother Love Bone, Nirvana, e Soundgarden, i Jonathan Grass sembrano aver attinto invece alla formazione maggiormente invischiata nell’hair metal e nel calligrafismo zeppeliniano, vale a dire gli Alice in Chains; e di questi, purtroppo, sembrano non mandare a memoria neppure la lezione migliore ("Dirt"), ma quella piuttosto scialba ed incolore dell’album omonimo.
Tre pezzi in cui originalità e sperimentazione scarseggiano, e nei quali troviamo piuttosto una continua tensione a certi modelli che, per forza di cose, non si possono raggiungere.
Probabilmente la band dovrebbe solo mettersi maggiormente in gioco, e dare voce al proprio estro che sappiamo sonnecchiare da qualche parte là in fondo.
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La recensione EP 2013 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-09-22 00:00:00
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