Il miglior modo di giocare al rap da trent'anni a questa parte
L'immagine che ci introduce a questo nuovo capitolo della storia di Ensi è una copertina rosso fuoco, sulla quale il nostro svetta di tre quarti, chiodo nero, occhio fisso in camera. Lo sguardo sembra quello di un rapace, come abitudine d'altronde, sintomo che gli anni e gli step scalati non hanno scalfito i comandamenti ripetuti sin da piccolo a memoria, lasciando suole consunte divorare ogni centimetro di strada tra Alpignano e Piazza Castello. Il titolo, in basso, recita grosso "Rock Steady", ma più che la roccia, che si conserva prepotente e immobile nello scorrere del tempo, e più della figura elegiaca che troneggia un po' più in su dello stesso Ensi, è sintomatico di un passaggio a lato. Dove? - sarebbe lecito chiedersi – se la risposta non fosse già implicita nel bagaglio che accompagna quest'uscita (primo disco per Atlantic/Warner), e nell'appunto tentato ridimensionamento della stazza dell'mc made in Torino. Che passa non solo dall'allegerimento fisico (così pare, almeno, guardando meglio la figura, anche se Ghemon rimane ancora primo nella lotta ai carboidrati), ma anche da un tentato disseppellimento di artifici leggeri di scrittura. Tradotto in parole povere: pop attitude. Anche se tra il dire e il fare rimane di mezzo il mare, e il Capo Horn dal quale Ensi controlla la sua rotta è fortunatamente pieno di correnti, che allontano gli spettri di un ennesimo disco che ai piani alti avrebbero preferito molto più lavato (non voglio per forza speculare, ma preferisco mantenere il beneficio del dubbio).
Invece il risultato suona pulito senza essere per forza sciacquato con Perlana, e ci consegna un mc ancora in botta testosteronica, capace di cambiare linguaggi, registri e obiettivi con spiccato senso della situazione. Per un pezzo dinamite con Salmo e Noyz Narcos ("Stratocaster") e un altro strappalacrime e intriso di intimismo (vero, sincero) con la soul singer afrotedesca Y'akoto ("Vip"), ce n'è un altro però con Pat Cosmo Benifei ("Change", primo singolo) che pur nella sua indole motivazionale fa abbondantemente rallentare i giri del motore (per non dire altro). Passando per "Eroi" (con Julia Lenti) e "Rocky e Adriana", altri anelli deboli del lotto, fino ad arrivare all'interludio de "L'alternativa", che fa da cesoia tra una prima parte per le signorinelle a una seconda decisamente migliore. Nella quale in sostanza Ensi torna a regalare rime per come ci ha finora abituati, spostando gli accenti, mandando in esubero gli incastri, e tirando fuori dalla linea dell'orizzonte che giace tra una barra e l'altra, parole vive, forti e soprattutto inattese. Che d'altronde è il miglior modo di giocare al rap da trent'anni a questa parte, e quello che, al netto dei competitor, rende ancora oggi Ensi in tal senso il padrone della scena. Menzione d'onore a parte al producer che regge le fila dell'intero disco, Symone, abile a regalare profondità e non nascondere le influenze e il calore dei beat dietro suoni preformattati. Anzi, lucidando cavalcate super funk assieme a squilli hardcore, chitarre, soul e via dicendo.
Per citarlo, la differenza vera è quella che rimane ancora tra lo swag e la classe, e i tempi veramente cupi di Ensi (come qualche hater auspica) sono molto di là da venire. Allo stesso tempo "Rock Steady" non è quel concentrato forte di hip hop per come viene dipinto nelle note di presentazione, ma un disco che vive diviso tra uno yin e uno yang già evidenziati. Difficile dirlo arrivato, facile coltivare buoni propositi per quando sarà il tempo della nuova venuta. Senza, stavolta, troppi mercanti del tempio alle spalle.
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La recensione Rock Steady di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-09-01 00:00:00
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