Eccesso d'innocenza per una trentenne: rischia di essere dimenticata come quelli che arrivano ultimi a Sanremo Giovani
Se c’è una domanda che chi guarda i talent a tema musicale conosce a menadito, è di sicuro la maionchiana “Qual è la tua collocazione nel mercato discografico?”. È la stessa domanda che farei a Silvia Caracristi, talenter a The Voice 2013 che, forte di un raising di oltre il 160% sull’obiettivo minimo, per Riff/Goodfellas lo scorso ottobre ha pubblicato la sua opera prima: “Orbita”. Voce graziosa e spesso tenuta in modalità sussurro. Nonostante i trent’anni, le tematiche sono le incertezze tipiche dell’età tardo adolescenziale/inizio dell’età adulta/cosa ci riserva il futuro/non riesci a capire sempre quello che ho dentro/non riesco a dire sempre quello che ho dentro/per questo scelgo di cantare.
Chitarre, piano, campanelle, organetti, ovattati battiti di mani, batterie in base, coretti, vocalizzi e ripetizioni a profusione. Testi ripetitivi, monocorde, che mancano spesso di metrica preferendo la soluzione di una sorta di testo musicato. Parole sdrucciole, avverbi, frasi lunghissime a cui si dà una ritmica semplicemente unendole alla musica, con il risultato di rendere quasi tutte le tracce pesanti e troppo uniformi (“Ulisse” su tutte). In questo panorama qualcosa si salva, ed è il caso di Lotterie e Medaglia d’oro che riescono a portare a casa una melodia e una forma canzone un po’ più rotonde. Ecco, non è di questo che ha bisogno la musica italiana. Forse ne ha bisogno Silvia, ma purtroppo non si fa musica solo per soddisfare se stessi. Non ne ha bisogno il mainstream, che anche quando scommette su un taglio più cantautorale opta per qualcosa di più alleggerito, e non ne ha bisogno l’undergorund, che ha fin troppi artisti che riescono a raccontare (non proprio tutti) meglio ciò di cui canta Silvia Caracristi.
Caparezza, fresco di Targa Tenco, ci ha insegnato che il secondo disco è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Un assioma valido però nel caso in cui il primo disco sia rilevante, perlomeno per qualcuno. “Orbita” non sembra essere un disco rilevante. Si intuisce ascoltando – devo ammetterlo, a fatica – queste undici tracce che Silvia Caracristi di entusiasmo e di voglia di trovare “la propria collocazione nel mercato discografico” ne ha molta e grazie a questa voglia, qualche volta, riesce a limare quella che è davvero un’eccessiva innocenza per una trentenne.
Scorrendo il suo curriculum emergono partecipazioni a corsi, concorsi, camp, Sanremolab, ma la maionchiana domanda continua ad assillare l’ascoltatore. Io non mi fermo a questa. Credo vi sia capitato, mentre state crollando addormentati durante uno di quegli afterhour che sono diventate le dirette sanremesi, di intercettare il concorso delle Nuove Proposte. Vi sarete resi conto che molti di loro portano canzoni anonime, piatte, a volte scritte da altri che quasi sempre si dimenticano nel tempo di una televendita. Ce ne sono poi due, massimo tre, che invece hanno un pezzo carino, quasi sempre scritto e arrangiato da loro. E si capisce che sono loro quelli di cui si sentirà parlare, anche se non vincono. Spesso questi sono proprio quelli che si tengono lontani dalla partecipazione a certi camp, lab e concorsi canori. Non si capisce dunque quale siano gli insegnamenti, gli approfondimenti e gli obiettivi che vengono portati avanti in queste class. Quale sia il settore discografico che questi “esperti del mestiere” tengono in considerazione. Vien quasi da pensare che sia tutto un po’ raffazzonato e vecchio, con buona pace per i ragazzi che ci credono e quando ci entrano pensano di avere fatto bingo.
A Sanremo 2014 ha vinto Rocco Hunt che fa il ballerino special guest a Ballando con le stelle. Diodato deve aver incantato Fazio a tal punto che se l’era portato a Che tempo che fa, Filippo Graziani ha appena vinto la Targa Tenco Opera prima, Zibba ne aveva vinta una nel 2013 e The Niro continua a non fare il salto anche se “1969” è un ottimo pezzo. E poi ce n’erano altri tre, una aveva pure partecipato a The Voice, di cui credo nessuno abbia memoria tranne i parenti. Ecco, Silvia Caracristi, per ora, apparterrebbe a quest’ultimo blocco.
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La recensione Orbita di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-07 00:00:00
COMMENTI (2)
No, scusate... Caparezza ci ha insegnato che il secondo disco è sempre il più difficile nella carriera di un artista? Lui solo? Tutti gli altri si sono fermati al primo o sono passati direttamente al terzo? Più che una recensione, mi sembra un trattato spicciolo sulle derive (e derivazioni) sanremesi. Ho ascoltato il disco in questione. Alla Bellemo sfugge il fatto che il disco raccoglie brani scritti, (ri)cantati e (ri)arrangiati distribuiti negli ultimi due lustri, e che le incertezze tardo adolescenziali sono di una Caracristi ventenne o giù di lì. Orbita è una raccolta di dieci anni di vita di un'artista che, a dispetto della maionchiana questione a cui nessuno pare riuscire a dare una risposta, va a coprire certi buchi vacanti nel panorama italiano, o strade poco battute, di quegli artisti che guardano e traggono ispirazione dall'europa nordica. Campanellini, coretti, strumenti giocattolo, organetti, voce sussurrata, sono elementi che si trovano a profusione, ad esempio, nella musica islandese (leggi Amiina, Mùm), in certo indie pop svedese, e via dicendo. Se la Bellemo si trovasse ancora nel dubbio, le suggerisco di posizionare Orbita tra 'Dodo, Do!' di Denise e 'Contro Le Onde' di Erica Mou.
Sottoscrivo la rece: tanto l'avevo apprezzata nel progetto Miniature, quanto poco coinvolgente e autoreferenziale con questo disco. Peccato.