A volte capita che gli eroi siano due amanti divisi da un muro, come quelli di David Bowie; a volte capita che abbiano a che fare con l'eroina, come cantava Pelù in “Eroi nel vento”, a volte invece capita che gli eroi siano gli oziosi, gli squattrinati, i precari, i falliti, gli obesi. Ed è proprio ciò che accade in questo album.
L'ozioso, raccontato in “Morfeo”, è quello che dice “ho perso il tempo dietro i sogni miei, ma non so se lo rivorrei”, ovvero la schizofrenia di chi invece di inseguire davvero i suoi sogni di vita li affoga nella pigrizia e nella letargia. C'è poi il ciccione, quello che continua a lamentarsi e poi si strafoga al McDonald's come se non ci fosse un domani; e poi c'è il precario, qui affiancato alla figura di James Henry Trotter, il protagonista del romanzo di Roald Dahl rimasto orfano dopo che gli amorevoli genitori furono divorati da un rinoceronte sbucato fuori dal nulla, e che viene quindi cresciuto da due zie isteriche che cercano di indottrinarlo ad una vita in cui l'unica cosa che dà dignità è lavorare, produrre, faticare, far soldi. Il concetto, oltre che in “Precario”, è espresso perfettamente anche nell'ultima traccia, “Senza denaro”.
In mezzo a tutto questo un buon impasto di testi minimali e lunghe parti strumentali a suggerirci che gli eroi musicali di questa band trevigiana sono da ricercarsi sia nei gruppi prog italiani degli anni '70 che in quelli alternative contemporanei; in particolare nei Verdena, dei quali c'è traccia un po' ovunque: nella voce spesso soffocata dagli altri strumenti come nel preciso alternarsi tra atmosfere nebulose e pezzi carichi di intensità; nelle urla aggressive e disperate come negli echi esagerati e nella confusione generata da nenie ripetute spesso e volentieri.
Insomma, senza troppe pretese, “Eroi” è un disco che pur gettando in campo poco o nulla di nuovo si lascia ascoltare volentieri, con un orecchio ben teso verso i testi sui quali rimuginare durante i lunghi intervalli strumentali, e poco importa se il tutto viene interrotto da uno starnuto (come nella sesta traccia, il cui titolo è celato da degli asterischi) che in un baleno riesce a riportarci alla realtà, cinica e bizzarra come solo lei sa essere.
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