Elks: sognare la Gran Bretagna, svegliarsi in Italia.
Il disco d'esordio degli Elks suona indie-rock. Forse troppo. Quattro giovani abruzzesi acquerellano manieristicamente un genere che per anni ha riempito compilation da viaggio e lettori mp3. Tornano in mente i The Libertines, gli Arctic Monkeys, i Razorlight e molte altre band fuoriuscite dal calderone della Pitchfork Media. Bei ricordi, non c'è che dire. Si diventa, infatti, un po' nostalgici nell'ascoltare le linee di chitarra elettrica di Stefano Di Tanna ed il timbro, ma non la pronucia, alla Carl Barât di Vincenzo Mosti.
Gli Elks hanno una buona "grafia" sonora ed il disco rivela senza dubbio ottime potenzialità, ma arriva in ritardo e, di conseguenza, stanca presto. C'è da dire che in Italia le mode arrivano sempre in ritardo e le avanguardie svaniscono velocemente, ma se Marcel Duchamp ci ha insegnato qualcosa, è che gli bastò disegnare dei baffi alla Monna Lisa per creare arte. "Elks" pecca in questo ed è un dispiacere parlarne perché brani come "Fallin'" e "The Foreign Lover" piacciono, ma non lasciano (più) il segno. Sognare la Gran Bretagna, ma svegliarsi in Italia può essere traumatico, a volte.
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La recensione ELKS di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-28 00:00:00
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