Orfeo
Sangue 2014 - Cantautoriale

Sangue

Orfeo si presenta con un piccolo gioiello di cantautorato

Dire che “Sangue” sia semplicemente un ep che parla di un amore finito e della scia di sofferenza che spesso e volentieri porta dietro è scontato e riduttivo. Se bisogna dirla tutta, “Sangue” smuove un’emozione nascosta, spesso difficile da accettare e alle volte anche molto femminile: il sottile piacere che si prova quando si soffre per amore. E il piacere che si prova ascoltando questo ep reincarna decisamente questo stato d’animo. Ciò che trasmette Orfeo non è strazio, non è esclusivamente sofferenza, ma vita e cambiamento, confermando che soffrire è un po’ come prendere coscienza d’essere vivi.

La tracklist si apre con “Neve”, che a primo ascolto può ricordare il Colapesce di “Un meraviglioso declino”, si è accolti da una voce particolare che descrive immagini forti, chitarre arpeggiate e struggenti, e lo stesso vale per “Quella Trieste”. Ma l’orecchio non può non andare oltre quest’apparente semplicità e riconoscervi un sound molto più ricco e sofisticato che strizza l’occhio a degli inaspettati ritmi pop anni ’70. Sonorità che trovano conferma e ancor più risalto, sfociando nel funk in “Canzone dell’Erica”, che può definirsi addirittura un omaggio al mentore del pop d’autore Lucio Battisti.

Quando credi di aver individuato un sound di riferimento nel susseguirsi delle tracce, ti sorprende “Colore”; una ballata per anime illuse, un pezzone che nell’arco dei primi due minuti stupisce con un crescendo irresistibile e potente, una via d’uscita da uno spleen che sembra infinito, un’apertura che comunica una struggente felicità e speranza nel ricercare una nuova strada e scrivere una nuova storia, concludendosi con una tonalità sospesa come un delicato “to be continued…”. Sicuramente il pezzo migliore della scaletta, equiparabile alla trama di un film. Magico.

“Sangue” è il pezzo a conclusione di tutto, la seconda ballad dell’ep che comunica un’agrodolce inquietudine: testi che descrivono paesaggi apocalittici ma accompagnati dalla dolcezza dell’organetto e con una sapiente scelta di accordi molto furba e ruffiana. Può definirsi un omaggio ai successi romantico-adolescenziali a sfondo tragico degli anni ’60, pezzi che richiedevano d’essere ascoltati attentamente per coglierne la drammaticità delle parole accompagnata da melodie leggere e impalpabili come zucchero a velo.

Orfeo ha decisamente iniziato con un piccolo gioiello di cantautorato.

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