Un po’ più di cuore e pazzia visionaria questo genere lo richiede e noi ce li saremmo aspettati.
Giugno 1974. Cosa potrà mai essere accaduto di così significativo, nel giugno 1974? A memoria, nulla di rilevante, credo. Faccio una breve ricerca e, in effetti, i fatti sembrano darmi ragione. Appurato ciò, rimane il tarlo sul perchè Federico Romano, one man band del quale non troviamo che scarne note biografiche in rete, si sia approriato di questo moniker con il quale pubblicare queste due tracce racchiuse in "Atlantide". Ep anomalo che consta di due mini suite strumentali soltanto ma della durata di oltre dieci minuti cadauna, "Atlantide" è materia che richiede uno sforzo immaginifico. Fedeli ai canoni del componimento tipico dell’età barocca, anche queste due composizioni racchiudono al loro interno movimenti di natura diversa e talvolta contrapposta.
Si comincia con il breve intro di piano di “Follia”, che rimanda a certe cose degli islandesi Sigur Ròs (tra l’altro, guarda il caso, tutto il lavoro è stato masterizzato in Islanda da Birgir Jón Birgisson nei suoi Sundlaugin Studio, dove Sigur Ros, Alcest e Mum sono di casa) per poi virare quasi subito su territori nu gaze con l’incedere di un drumming serrato ed una chitarra stratificata. Ma è questione di qualche battuta che veniamo di nuovo trasportati di peso nel bel mezzo di lande desolate e ventose dove, protagonista, torna un pianoforte minimal e trasognante. L’artifizio del quale June 74 sembra talvolta abusare è proprio quello di calibrare con metodologia quasi scientifica l’alternarsi di atmosfere oniriche ad altre più elettriche e distopiche, tanto che, dopo un paio di ascolti, non sarà impresa ardua anticipare dove comincerà l’una e terminerà l’altra. Con il secondo pezzo, “Atlantide”, la questione si presenta pressochè identica, salvo che, al posto del pianoforte, lo strumento a farla da padrone è la chitarra, sia acustica che elettrica.
A voler essere pignoli e un po’ cattivelli, la sensazione che rimane al termine dell’ascolto, è la stessa che si prova dopo aver avuto a che fare con uno di quei pezzi frutto dallo smanettamento, per qualche decina di minuti, con uno di quei software di creazione musicale per principianti. Brani ottenuti per spostamento di librerie di suoni su patterns preimpostati. Ovviamente non sarà così e non ce ne voglia Romano, ma un po’ più di cuore e pazzia visionaria questo genere lo richiede e noi ce li saremmo aspettati.
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La recensione Atlantide di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-12-03 00:01:00
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