Sembra che la maggiore ambizione de La Tratta Degli Schiavi, giovane gruppo maremmano autore del concept “Sapiens”, sia quella di essere un cliché, come solo la giovinezza sa esserlo. Pertanto, si capisce, i maggiori errori di questo ep non sono da additare severamente, ma da perdonare (ma sì, permettetemi questa vena paternalistica) in virtù del fatto che tutti, da adolescenti, siamo scivolati nell'ingenuità di pensare di sapere come va il mondo e nella terribile velleità di sentirci dei poeti maledetti. Ed è questa la sensazione che si trae dall'ascolto dei testi di Lorenzo Cantini: quella che si tratti delle parole di un ragazzo crepuscolare, fissato con Baudelaire e Kurt Cobain, che osserva la realtà in quella maniera malinconica e a tratti spaventosa tipica della propria età. L'assetto delle liriche, in quasi tutti i brani, consiste in una continua perpetuazione di immagini, alcune più o meno riuscite (“un cimitero senza fiori o lapidi” ) altre no (“io sono il campo fiorito che devasti per costruirci i tuoi palazzi”). Qui si parla di guerra, di speculazione edilizia e di legami affettivi, temi impegnativi e affrontati, comunque, in maniera molto meno banale di tanta altra roba in giro (basti pensare alle canzoni che vanno a Sanremo).
Per quanto riguarda la musica, niente da dire, se non quello che è già stato detto vent'anni fa su "Bleach" dei Nirvana: l'attitudine è la stessa, anche se non manca qualche idea originale (vedi la title-track “Sapiens”).
In definitiva, quello de La Tratta Degli Schiavi è un ep immaturo, che lascia però intravedere numerosi sprazzi di creatività. Se "Sapiens" è un lavoro acerbo, lo è nella misura in cui lo siamo stati tutti noi a 17 o 18 anni. Per migliorare, basterà aspettare che il tempo faccia il suo corso. E di tempo, menomale, ce n'è a volontà.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.