Un'invidiabile unicità, che poi sarebbe la capacità di scrivere canzoni con urgenza, mettendo assieme drammi umani piccoli e generalizzati, filtrati attraverso gli occhi di uno che riesce a dirti fai schifo e mandarti pure a cagare facendoti riflettere
Non è facile stare dietro ai Girless & The Orphan. "The Circle And The Barrel Part 2" è il capitolo che chiude la pratica di quel discorso iniziato qualche mese fa (era giugno per l'esattezza), manifestando la volontà di segare in due uscite i pezzi di quello che, idealmente, rimane il loro nuovo disco. Qua sta tutto il rumore che di là veniva allontanato, sostituito da ballatone acustiche e intimismi autorali. Un EP di pancia, che ha il merito di confermare un'invidiabile unicità, che poi sarebbe la capacità di scrivere canzoni con urgenza, utilizzando una poetica che mette assieme drammi umani piccoli e generalizzati, filtrando poi tutto attraverso gli occhi di uno che riesce a dirti fai schifo e mandarti pure a cagare facendoti riflettere.
È la patina dura, figlia di geografia, provenienza o emulazione, che più e più volte ci eravamo già sforzati di sottolineare, e che adesso veste Girless & The Orphan (nel frattempo diventati quattro + special guest alle batterie Filippo Rieder dei FBYC) alla perfezione. Il merito va anche a un disco pensato per essere così diretto, senza occhi dolci, in cinque pezzi dove per conoscere con esattezza i rimandi più evidenti basterebbe l'elenco dei miti di gioventù dei nostri (provo io con un paio, NOFX, Jawbreaker, ...). Immigrazione, lobby per poveri stronzi, vite divise tra palco e realtà citando anche Rockit (il pezzo è "Colon Ladle Pedlar Scenario"), lo sguardo attraverso cui cantarne è il fondamento e rivela, ancora una volta, come Girless & The Orphan siano una di quelle band con in testa ancora tanta roba da mostrare.
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La recensione The Circle and the Barrel pt.2 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-01 11:21:00
COMMENTI (1)
scrivo un commento (il mio primo) solo perché ho avuto modo di vedere questo gruppo dal vivo in una situazione assai intima di fronte a una ventina di persone (capienza massima del posto) e sebbene mi siano piaciuti come persone (simpatici e zero menate), musicalmente non mi sembrava ci fosse da strapparsi i capelli.
a volte mi sono sembrati un pochino acerbi, ricordo in particolare una canzone sull'essere gay e il vaticano che era roba da brividi (fremdschämen credo sia il termine corretto)
visto che le canzoni non sono in streaming, mi auguro che nel frattempo siano diventati degni di questa buona recensione, che in ogni caso pare lasci intendere che ancora non ci siamo del tutto.