10 tracce di hard-rock speditissimo per un disco che segna ancora un punto a favore per la band veneta
Sì fosse trattata di una qualsiasi altra band passata al setaccio nel corso di questi oltre 15 anni, appena concluso il primo ascolto avrei fatto idealmente richiesta di un test antidoping. Non è solo per fare dell'ironia, ma sembra davvero che i Polar for the Masses siano cresciuti a dismisura, quasi al punto di esplodere.
Chiariamo però la premessa per evitare fraintendimenti: con il precedente "Italico", i tre avevano già segnato una tappa importante della loro evoluzione, per cui da queste nuove canzoni c'era da aspettarsi una sorta di consolidamento rispetto a quell'album. Al contrario, la formazione veneta sovverte ogni aspettativa lanciandosi in una sorta di hard-rock speditissimo, ovviamente rivisto e corretto in base al proprio dna. A cominciare dal drumming potentissimo (tornano in mente gli inossidabili Red Worms' Farm di "Cane gorilla serpente"), "#unagiornatadimerda" sembra una discesa libera senza controllo, sempre sul punto di andare oltre il limite. Col rischio di suonare retorico, queste dieci canzoni sono un concentrato di ritmiche serratissime, testi ridotti a brandelli di slogan e chitarre super affilate. Continuano ad esserci i riferimenti abituali (i Fluxus su tutti) e a tratti si odono echi de Il Teatro degli Orrori - anzi, rispetto a questi ultimi fanno molto meglio se il metro di paragone fosse "Il mondo nuovo".
A livello di singoli brani difficile scartare qualcosa, considerando che azzeccano finanche la scaletta: mai un attimo per rifiatare, finito un pezzo nel successivo si riprende a correre all'istante. Praticamente fin dall'iniziale "Il meccanismo" l'obiettivo è quello di ridestare le coscienze di una generazione, quella a cavallo tra i 30 e i 40, assorbita da un sistema malato che però continua a procedere per inerzia ("il meccanismo si è frantumato da sé / dal principio son nato colpevole / l'unico difetto è il meccanismo che esiste in me"). Un sistema che noi stessi contribuiamo a rigenerare quotidinamente, sacrificando spesso il nostro tempo ("Se perdo la ragione, per te che sei un coglione, non me ne frega niente, se pensi a cosa fare / se io non sono uguale, a te consumatore, non me ne frega niente, per te resto un pezzente") in nome di un progresso astratto ("Pronto all’alba, chilometri / pendolare ad ostacoli / bestemmiando ai tuoi simili sopravvivi estinguendoti / come sei messo / sentirsi perso dentro il progresso") che alla fine non migliora certo la nostra vita ("Sei vivo o sei morto? / non so non ricordo").
In definitiva, visti gli ottimi risultati, possiamo affermare che con "#unagiornatadimerda" si compie definitivamente la metamorfosi della band a livello linguistico. A questo punto non so cosa aspettarmi dal prossimo album, ma questo è senza dubbio uno dei miei dischi dell'anno.
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La recensione #UnaGiornataDiMerda di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-11-05 08:00:00
COMMENTI (1)
Un altro bel disco di questo periodo insieme a quello di Edda,Benvegnù e Nadar Solo .....ma intanto si continua a promuovere dischi stantii e non impegnativi come the giornalisti e altri hipsterismi vari ...in fin dei conti anche la musica riflette la nazione