Grande competenza tecnica e gusto per i suoni: adesso stiamo ascoltando una grande band
Sono passati 3 anni dall'ultima volta che ho parlato su queste pagine dei Valerian Swing: di loro si notava soprattutto quanto mancasse ancora la maturità per fare delle varie influenze un disegno organico. Capaci sì, ma ancora persi alla ricerca di un linguaggio proprio. E gli riconoscevo un innato senso della melodia e un grande gusto per i suoni. Alla luce dell'ascolto del nuovo album “A U R O R A”, posso affermare che non mi ero sbagliata: le caratteristiche buone sono rimaste, e quelle da sistemare ora sono al loro posto.
“A U R O R A” si snoda in 8 brani di base ascrivibili al post-rock, con cui convivono armonicamente momenti prog e math, come in “Scilla”, scintillante math-rock ricchissimo di aperture melodiche con il canto sing-along à la Crash of Rhinos, che si spezza a metà brano lasciando spazio a momenti più propriamente post-rock e alla ripresa ancora di ostinato math. Cambia registro la conseguente “Cariddi”, un brano lento e possente, nelle corde dello slow-core, in cui i timbri prima si ingrossano in un'intro rarefatta, per poi lasciare spazio ad un magico climax ascendente verso fraseggi via via più intrecciati e densi, su un arrangiamento potente, che conta nell'organico anche i fiati. Ancora potenza questa volta espressa in una concitata velocità per “In vacuum” e “Parsec”, in cui ritornano i testacoda di stampo progressive degli esordi. Se nella conclusiva “Calar alto” si fa sfoggio di tutto questo bagaglio, quasi a voler riassumere in una lunga e sentimentale firma in calce tutto il mondo da cui i Valerian Swing si sentono ispirati, le iniziali “3 Juno” e “Cancer Minor” rappresentano i momenti più pop, dove per pop intendo quella capacità di imporsi nella memoria grazie alle ottime melodie di cui si diceva prima.
E qui il cerchio si chiude: i Valerian Swing attraversano con intelligenza le infinite possibilità offerte da un linguaggio quasi totalmente strumentale, potendo contare su un gusto raffinatissimo per i colori dei timbri che stupiscono per varietà e organicità, e usano le loro ottime competenze tecniche (in cui il batterista si distingue particolarmente) finalmente senza strafare, non (solo) per farne sfoggio davanti a voyeur dei fraseggi arditi e dei passaggi ritmici più ostici. Adesso stiamo ascoltando una grande band.
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La recensione A U R O R A di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-06 10:20:00
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