Undici diversi capitoli, ma senza un vero "punto e a capo".
Primo album da solista per Bruno Melis, che decide di cantare del quotidiano e così della sua vita.
Le 11 tracce sono autoprodotte e il lavoro dietro gli arrangiamenti è ben curato, ma forse un po’ troppo monocromatico.
La struttura della canzone è spesso senza vere sorprese e, come conseguenza non voluta, ciò rende canzoni come "(H)Acca" o "Amburgo 13" prevedibili.
Anche per quanto riguarda i testi, nonostante sia palese la volontà del cantautore di partire dalla realtà più vera, non sempre riesce a restituirla in maniera originale o profonda. È il caso di "Polaroid", o ancor più di "Autoscatti". Quest’ultimo sembra un tentativo di testo alternativo alla Stato Sociale, ma siamo ben lontani. Le parole usate non esistono nel quotidiano reale, ma è quello di cui si parla ed è proprio quello che viene criticato. Per non parlare della censura sul finale per la parolaccia. Ora: di merda se n’è parlato e straparlato e non è più un tabù da parecchi anni. Sentirla censurata è strano e fa passare sicuramente il messaggio sbagliato.
La sensazione che si ha alla fine del disco è quella di un prodotto che ha un’idea ben precisa, ma che nonostante sia stata declinata in 11 diversi capitoli, manca un vero “punto e a capo” e manca soprattutto di consapevolezza.
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La recensione 1, 2 & 3 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-01-14 00:00:00
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