Nel 1524 il Correggio si mise al lavoro per realizzare l'Assunzione della Vergine presso il Duomo di Parma. Si trattava di una vera e propria vertigine in cui, partendo da una cupola di forma strana e irregolare, Correggio si superò lasciando deflagrare tutta la sua visionarietà. Si servi di strumenti bizzarri come degli astrolabi, inventò e deformò santi e profeti ed allestì anche e soprattutto la sua opera come un ardito turbine di corpi in volo. Ascoltando l'album di Ainé, "Generation One", uscito per la Totally Imported si ha la stessa sensazione di vertigine provata nel Duomo di Parma.
La parabola biografica di Ainé (vero nome Arnaldo Santoro) è già molto lunga nonostante la sua giovane età (classe 1991). Studiando presso diverse prestigiose scuole di musica tra Roma e Los Angeles, come ci ha raccontato in questa intervista, si avvicina ancor più a quello che lui stesso definisce la propria missione: ovvero il nu-soul, l'hip hop, e l'r'n'b in genere. Ed eccoci arrivati all'oggi, a questo "Generation One", disco cantato, un po' a sorpresa, anche in italiano.
La prima impressione che si ha (anche a seguito del prestigioso duetto con Gegè Telesforo in "Last Goodbye", che ha sbancato le classifiche di iTunes qualche tempo fa), è di avere a che fare, senza alcun dubbio, con un talento dalla voce già riconoscibile, nonostante un timbro abbastanza comune, ma che certamente può ritagliarsi il suo bravo posto al sole nella musica italiana ed internazionale.
La quarta traccia dell'album, "Dopo la pioggia", scritta e interpretata con Sergio Cammariere, è esemplificativa di questa sensazione in bilico tra l'ansia di una giovane e nuova voce e la volontà di farsi ascoltare come qualcosa di perfettamente maturo. In questo come in altri pezzi tali intenti si realizzano quasi totalmente grazie ad un mix di suoni contemporanei e rimandi al passato, ma non si sente la patina bollita, più adatta ai lounge bar, di cui praticamente tutti gli album di Mario Biondi abbondano, ma si ha che fare con alta classe e un grande potenziale, nonostante la permanenza di qualche spigolatura manieristica. "Tutto Dorme" (arricchita dal featuring con Davide Shorty), conferma i grandissimi pregi, l'ottima attitudine ad un groove ragionato ed elegante in pezzi ben cesellati.
Ecco allora che Ainé pubblica un album sì ben prodotto e curato in tutti i dettagli ("Brighter than Gold" è un vero e proprio gioiello dall'atmosfera metropolitana che ti fa venire voglia di vestirti bene anche solo per fare la spesa all'Esselunga) con l'unica pecca di una produzione forse troppo presente, tanto da comprometterne in alcuni passaggi la spontaneità. Il momento è proficuo per slacciare qualche bottone della camicia, scompigliarsi i capelli e già ripartire: "Generation One", il decimo pezzo che dà il nome all'intero disco, con la sua nube di effetti è la fine dell'arcobaleno. Lì ci sarà ad aspettarci, se non un pentolone pieno di monete d'oro, quantomeno una vertigine, celestiale come un peccato stile Correggio, tutta quanta da provare. E siamo certi che Ainé, in un refolo di aria calda proveniente da qualche metropolitana sparsa nel mondo, abbia già trovato la propria, personalissima, via per il cielo.
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