Mi hanno fregato, devo ammetterlo. Già, perché osservando il booklet in bianco e nero con quelle illustrazioni (una per ogni pezzo) che si vorrebbero poetiche e la grafica pseudo-artistica che scade nello stantio, pregustavo anzitempo raffinate circonlocuzioni derisorie nonché vere e proprie male parole con le quali apostrofare questo gruppo di Savona.
E invece la sfuriata ‘spacca-culo’ posta all’inizio del disco - il trittico costituito da “(D)istanti di felicità”, “Sul bordo dell'acqua” e “Macerie”, forte di un suono cupo, stranamente grezzo, tra metal punk e dark - mi ha fatto ricredere completamente sul loro valore. Suonano hardcore gli Affranti, in parte influenzato dalla scuola italiana degli anni ottanta (Negazione su tutti, ma anche Kina, o Franti che riecheggiano nel loro nome) in parte aggiornato a certe sonorità noise (diciamo Unsane).
L’impressione di trovarmi di fronte a una certa ingenuità viene confermata dai brani che cercano di evadere dal rumore per cercare inutilmente strade alternative (“Equilibri”, “Mutilato”) e dalle dichiarazioni di intenti da cui emerge con fierezza la completa adesione alle ideologie dei centri sociali e la totale estraneità a logiche di mercato – e ad essere sincero non pensavo che esistesse ancora gente che si fa un vanto di non essere pagata per la propria musica.
Questa ingenuità si porta con sé però una forza emozionale sincera, decisamente superiore alla media che filtra tra i riff di chitarra i ritmi sparati e le linee vocali proprio come nei momenti migliori dei grandi Negazione o Raw Power (“Autismo”, “Non smetterò mai”). Per farla breve mi è sembrato di tornare indietro di 20 anni, anche se mi rendo conto che non si tratta di un parere critico molto professionale, ma tant’è…
Se hanno toccato il cuore a me che ce l’ho duro come la pietra (il cuore intendo), chissà che non possano toccarlo anche a qualcun altro.
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La recensione Ciò che rimane di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-09-08 00:00:00
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