“Se trovo lavoro ti sposo” è il secondo album dei Molotov d’Irpinia, e nella loro vicenda rappresenta un passo verso il pop rock in un percorso che era partito da territori più vicini alla musica tradizionale del Sud Italia. Certo, rimane una certa impronta musicale a testimoniare l’appartenenza culturale e territoriale, impronta che impreziosisce quando si sposa bene con andamento del brano (le ottime “L’instabile” e “I lavoratori di cartone”) o quando costituisce una piacevole sfumatura fra riff in levare e sintetizzatori ; ma va anche detto che, a volte, si ha l’impressione che l’idea di commistione fra rock e musica popolare portata avanti qui corrisponda più che altro al piazzare un classico pattern di tamburello o tammorra a fare da tappeto ritmico in un contesto in cui c’entrerebbe poco e niente (“Bionda sessantasei”). Nel complesso, il lavoro è tutto sommato godibile e mostra un’identità definita e personale, fondata su un rock che va dagli angoli (forse troppo) smussati del pop (“Lieto fine”, “Agnese” ) alla grinta delle chitarre distorte (“La Sposa”), su una leggera ma rilevante presenza di ritmi in levare (“Il Diavolo”) e sulle succitate sfumature folk; sfortunatamente sono poche le tracce che, ad ascolto ultimato, non lasciano almeno un po’ di amaro in bocca, sia dovuto a trovate musicali scontate e stantie (“Se trovo lavoro ti sposo”) all’interno di brani che invece partono o finiscono con il piede giusto, o a passaggi stucchevoli all’interno di testi che, invece, generalmente affrontano spunti interessanti, con un occhio alle tematiche di interesse globale (“Un Clandestino”, che però non è esente dal problema di cui sopra, la title-track) e uno a quell’Irpinia, terra più volte martoriata dalla storia, che si portano dentro fin dal monicker (la malinconica dichiarazione d’amore “La sposa”).
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