"Coi lacci rotti ho fatto un nodo che mi servirà, da traccia per il mio ritorno, sembra stretto", e via così, ne ho contato altre quindici (in undici pezzi) di frasi come questa nell'omonimo esordio sulla lunga distanza dei Riviera. Sono perlopiù sfoghi, piccoli rimpianti, parole realmente rimaste strette in gola quando era il tempo di pronunciarle e che adesso cercano e pretendono un doveroso riscatto. Perché è anche per questo che si fanno i dischi, pare ovvio, ed i Riviera mostrano come ancora sia credibile coniugare quel tipo di attributo che si chiama urgenza, a un approccio che mi piacerebbe definire se non altro garbato: nessuna esagerazione o eccedenza. La voce galleggia in mezzo al suono della strumentale, le chitarre stilettano riff semplicissimi ed efficaci sostenuti da una tensione costante, mentre dietro all'occorrenza spunta anche una tromba. Non si urla mai, e di fronte a questo candore sarebbe solamente inopportuno.
Un disco emo, di quelli belli e malinconici, perfetto da stringere in cuffia sotto il cuscino o nelle pause di giornate troppo lunghe e gonfie di sensazioni. Dietro, a produrlo e distribuirlo, una pletora di etichette appassionate e coraggiose (da Fallo Dischi a To Lose La Track, passando per l'America e la Francia di Black With Sap e No Routine). Nessun paragone con gli altri italiani, tanto quanto nessun parametro inflazionato in fase di arrangiamento e scrittura. Una sorta di struggimento centellinato in piccole dosi, che scava a fondo una goccia dopo l'altra rivelandosi alla fine denso come un mare.
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