Marcello Chiaraluce torna con un nuovo lavoro da solista ricco ed eterogeneo, che spazia con disinvoltura dal rock’n’roll al blues, dal pop al prog.
Non è necessario conoscere la storia di Marcello Chiaraluce per accorgersi della cura degli arrangiamenti e della scelta meticolosa dei suoni di questo "Crime of The Rhyme", seconda prova solista del cantautore di Alessandria, dopo "On a Winter Walk", del 2007. In queste dieci tracce, infatti, non c’è solo ispirazione ma anche un’evidente conoscenza delle teorie armoniche e il sunto di numerose esperienze “sul campo”. Chiaraluce ha all’attivo collaborazioni con membri di band illustri e proviene da studi accademici che ne hanno rafforzato ulteriormente la formazione teorica, dunque è facile comprendere come la raffinatezza stilistica di questi dieci brani sia studiata e consapevole.
"Crime of The Rhyme" si presenta come un disco maturo e al tempo stesso eterogeneo, in grado di mostrare le varie anime del compositore alessandrino, che spaziano con disinvoltura dal rock’n’roll al blues, dal pop al progressive. Troviamo così la ritmata "Cellophone Line", di direstraitsiana memoria, accanto alle venature black di "Drifting into the Blues", la ballad "Out of Time" accanto allo sfrenato rock’n’roll di "Mama don’t Worry", il pop d’autore della pianistica "Princess of Snow" che apre la strada all’eclettica "Sing a Song", la quale a sua volta alterna il tema portante, aggressivo e dissonante, con una strofa orecchiabile e singolari cambi di ritmo.
C’è spazio anche per un (probabilmente involontario) omaggio a Vasco Rossi e alla sua "Bollicine" nell’intro di "Seven Days", uno dei brani comunque più coinvolgenti del disco insieme alla title-track, dove l’alternarsi di voci di Chiaraluce con Serena Torti raggiunge l’apice. E si chiudono le danze con "Solo me", unico episodio cantato in madrelingua, versione italiana di "Me and My Bag".
Decisamente molta carne al fuoco in questo "Crime of The Rhyme", che rischia però, per l'eccessiva eterogeneità, di perdersi tra le buone intenzioni. Il consiglio è di mettere a fuoco meglio gli obiettivi e concentrarsi maggiormente sulla propria cifra stilistica.
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La recensione Crime of The Rhyme di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-12-01 00:00:00
COMMENTI (4)
Non vedo l'ora di ascoltare anche il tuo terzo lavoro allora ;)
Si concordo, credo che molto dipenda dall'eccessiva produzione che ha subito il disco. Lo registrammo live in the studios (come si dice) in un paio di giorni con la band calda e gasata ... e per certi aspetti si sente :) ... Questo però è avvenuto nel 2010... e così 4 anni passati a limare gli angoli possono aver compromesso un po' di freschezza e di personalità. Senza fare paragoni impropri... è un po' quello che è successo ai Guns con Chinese Democrazy. Prometto un terzo disco schietto e personale ... a parte tutto grazie davvero dei preziosi consigli ;)
Marcello, la versatilità è un dono e in questo album si capisce anche che hai lavorato sodo per il risultato finale, ma forse concentrandoti su ogni singolo brano immaginandolo come mondo a sé e non come parte dell'intera opera. Alla fine si ha una compilation di belle canzoni ma non si percepisce quale sia la "firma" di Marcello Chiaraluce, quel qualcosa che rende caratteristico il pezzo e che permette di riconoscerne subito l'autore anche se estrapolato dal contesto-disco.
Ma è solo una piccola nota, seppure importante, in un lavoro che comunque ha, come ho scritto "molta carne al fuoco" ;)
Grazie per la recensione :) Concordo anche con le conclusioni finali... e non nego che è un vizio che mi perseguita quello di non trovare la mia strada. Mentre sto registrando il terzo album solista e seguendo alcune produzioni... sto contemporaneamente allestendo un'Opera Lirica :( Ma a me la musica piace tutta...