Una chitarra, un basso, una batteria ed una massiccia dose di grinta: cos’altro può servire per fare del buono, sano e ‘vecchio’ rock‘n’roll? Un rock’n’roll sincero, essenziale, senza troppi fronzoli, senza troppe paranoie da classificazione in chissà quale nuovo genere alternativo: semplicemente… rock‘n’roll!
Non ci girerò troppo intorno ed una volta tanto mi sbilancio: mi piace la recente ‘onda’ sbucata e proliferata da ogni angolo del mondo (soprattutto da New York e Detroit), mi piace l’energia con cui viene cavalcata e mi piacciono i Blank Dirt.
Tutto già scritto? Tutto già fatto? Tutto già sentito? Solita diatriba dalla risposta strumentalizzata. Poco male, perché per fortuna qualcuno mantiene in vita un genere più volte dichiarato morto, dimostrando il contrario e riproponendolo con una ventata di freschezza ed entusiasmo. Prendendo spunto principalmente, ma non esclusivamente, dagli anni ‘70, è sensibile l’intento del giovane trio di rivivere il rock nella sua totalità, istintivamente e con estrema immedesimazione nello stesso; suddetti aspetti erompono principalmente nei loro elettrizzanti concerti, veri antidoti contro la noia.
I pezzi sono cantati a due voci ora alternate, anche all’interno di una stessa canzone, ora sovrapposte, offrendo volumi ed approcci emozionali diversi; il basso è altro dall’essere semplice strumento ritmico, tracciando proprie melodie in ausilio a quelle delineate dalla chitarra lanciata sovente ad energiche divagazioni, mentre, infaticabile e con diletto ad indispettire gli altri strumenti, procede una spesso rullante batteria che, sfuggendo ad ogni schema, non passa certo ‘inascoltata’.
L’impeto è abbinato ad efficaci e marcanti melodie, semplici per la naturalezza e la fluidità con cui scorrono, ma complesse nel loro articolarsi attraverso circa quattro minuti per ogni canzone, senza monotonia. Tre brani sono però pochi per apprezzare in toto le attitudini di un gruppo; tuttavia è percepibile una spiccata poliedricità nell’affrontare il rock attraverso le sue diverse sfumature, da quelle più melliflue (come nella a suo modo languida “Fun”, rincarate in “When it’s over”) fino ai toni più marcatamente hard di “Trip fontaine” (caratterizzata da un severo e battente intermezzo ritmico tornito da scariche elettriche).
Decisamente un buon esordio, molto promettente che, se ben gestito e maturato, lascia presagire ottimi risultati, senza escludere obiettivi oltre confine. Non mollate!
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La recensione ep (promo) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-09-17 00:00:00
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