Al cospetto di un capolavoro o di una clamorosa oscenità, non è difficile esprimere un parere, giudicare senza sotterfugi, realizzare similitudini ed opinioni complesse, sbilanciarsi in previsioni o sentenze senza appello. Purtroppo, o per fortuna, questo progetto di Marco Avaro & Anna Funk, non rientra in nessuna delle due casistiche.
Certamente, sarebbe troppo facile liquidare questo “Amore Cane Inferno” come un lavoro mediocre, infarcito di ovvietà concettuali e suoni approssimativi, semi-volgarità gratuite e spudorati riferimenti stilistici. Troppo banale soffermarsi sulle evidenti similitudini con il timbro vocale di Vasco Rossi e sul goffo tentativo di rifarsi, con poco successo, a quel tipico modo di cantare e buttare via le parole che contraddistingue, nella sua unicità, il rocker di Zocca. Potremmo incolpare questa democrazia senza filtro ed iper-produttiva, che consente a chiunque abbia la certezza del proprio talento ed un PC, di realizzare uno o più progetti discografici e proporli come tali. E in definitiva, nel rispetto di chi considera la musica una faccenda seria, da trattare con passione e sacrificio, sarebbe più onesto, almeno per un momento, soffermarsi solo sugli gli aspetti musicali ed estetici di questo lavoro.
“L'altalena” che apre le danze, regala una iniziale sensazione di sorpresa, in cui una certa tendenza lo-fi sembra addirittura convergere verso una sorta di disco-pop obliquo e persino attraente. Ma è una sensazione che finisce presto per dissolversi. Le due tracce successive offrono ancora, soprattutto ritmicamente, alcuni spunti interessanti. Ma le ultime due, viceversa, non riescono ad essere niente di più che una copia sbiadita ed annacquata della tipica ballata di rock all'italiana.
Giunti alla fine, rimangono insoluti alcuni quesiti: è possibile approcciarsi all’ascolto di un album come questo, senza considerare gli aspetti dissacranti e volutamente anticonvenzionali di un personaggio come Marco Avaro, capace al contempo di stupire ed infastidire? È possibile distinguere, all’interno di un opera che, nonostante tutto, colpisce e non lascia indifferenti, qual è il confine tra lo scherzo e l’intelligente provocazione? È tutta una geniale intuizione o più semplicemente una bufala colossale? E’ più giusto ammirare la perseveranza e la convinzione con cui l’artista piemontese ha realizzato questo e tanti altri lavori o è più sensato prendere le distanze da una linea espressiva certamente fuori dal comune, ma nella sostanza povera di vera e autentica ispirazione?
Domande difficili per risposte (quasi) impossibili.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.