Pop di gran qualità, tra synth massicci, ritmiche incisive e lunghi riverberi.
Cercare di interrogarsi sull’arte è qualcosa di inutile; cercare di interpretare razionalmente i flussi di creatività potrebbe sembrare riduttivo, forse addirittura irrispettoso. Eppure, conoscendo le origini dei Blooming Iris, viene immediato porsi certe domande. Cosa li ha spinti a cambiare radicalmente il proprio genere musicale? Come sono approdati a quello attuale? Quand’è stato il momento in cui hanno capito di essere definitivamente sulla strada giusta?
"Amondawa" si apre con un massiccio accordo di synth, la giusta anticipazione di ciò che sentiremo successivamente, ma anche no. Segue poco dopo l’unica certezza di questo disco, la voce di Nicolò Capozza: tenue, elegante, mai sopra le righe, capace di tracciare sinuose melodie in falsetto senza scadere in inutili orpelli accademici. Ricorda vagamente quella di un altro romano come loro: The Niro. Il vero trait-d’union di questo disco sembra però essere la sezione ritmica e la sua capacità di emergere come un solido basamento, anche laddove essa è ridotta volutamente all’osso; tracce come "Spleen" o "NIM" ne sono un chiaro esempio. I dieci pezzi scorrono fluentissimi tra atmosfere un po’ Local Natives e un po’ Temper Trap, tra l’elettronica dei nostrani M+A e infiniti riverberi alla XX. Le continue alternanze tra repentini cambi di tempo e larghi ambienti ricchi di pathos ci accompagnano fino all’ultimo brano, dal quale l’album prende il titolo, e nel quale si può cogliere tutta l’abilità dei Blooming Iris nel mescolare i generi introducendo addirittura un intermezzo dal sapore reggae.
I Blooming Iris, con questa loro prima fatica, convincono al primo ma anche al centesimo ascolto e lo fanno rendendo incredibilmente immediata la complessità delle loro tessiture sonore, camminando spensierati su quel filo sottile che divide la semplicità dalla banalità. Un’ottimo esordio che fa veramente ben sperare per il futuro della musica emergente del nostro paese: i presupposti ci sono. Chapeau.
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La recensione Amondawa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-02-04 00:00:00
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