Luca Loizzi Canzoni quasi disperate 2014 - Cantautoriale

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Luca Loizzi canta la vita. Dall’alto di un repertorio brillante che vira tra jazz e swing.

Bisogna prenderla così, come viene. Con le sue contraddizioni, le estati di merda di contorno, le donne che ti tradiscono o, se ti va bene, ti dicono di no. Luca Loizzi si carica sulle spalle il compito di cantare la vita, almeno quella che si è ritrovata tra le mani dall’alto di una posizione di precariato sentimentale e non, la stessa che lo costringe a svegliarsi tardi la mattina (sia chiaro, contro la sua volontà) e non manca di circondarlo di amici sinceri, tra i quali gatti persiani e gnomi.

“Canzoni quasi disperate” la vita cerca di riassumerla: ne è la summa ideologica, la necessaria appendice. E il Loizzi vola alto con le sue canzoni orecchiabili, spensierate, scanzonate, ed il bello è che posseggono anche il potere di appiccicarsi addosso in men che non si dica. La fonte è quella degli Enzo Jannacci, dei Vinicio Capossela, del dimenticato Franco Fanigliulo. La chiave di lettura si trova tra un cantautorato meticcio, figlio dello swing e del jazz, del blues, del ragtime e della musica da orchestra, che il cantautore pugliese media con un atteggiamento da menestrello istrionico e dalla buona personalità. Non è un genio Luca Loizzi, sia chiaro, ma un onesto artigiano sì, specializzato in sonorità brillanti e testi da imbelle guascone, forse solo bisognosi di qualche piccola ripulita. E tale è la sua verve da potergli perdonare lo svarione nel quale inciampa in “Canzone filosofica”, quando attribuisce a Jean-Jacques Rousseau la frase “La proprietà è un furto” che, in realtà, è farina del sacco di Pierre-Joseph Proudhon. Poco male, in fondo non è mica da certi particolari che si giudica un cantautore, in special modo se a inizio carriera.

 

 

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La recensione Canzoni quasi disperate di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-07 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • giuseppecatani 9 anni fa Rispondi

    ciao luca. sai quante volte ho ascoltato il tuo disco? una trentina? ma sì, facciamo trenta, cifra tonda. e sai quante volte ti ho sentito cantare "la proprietà è un furto"? già, trenta. tant'è che appena ho letto il tuo messaggio, ho pensato: "ma che dice questo?". e invece no, canti davvero "il privato è un furto". vero, non è la frase di proudhon, anche se gli somiglia parecchio. in pratica, ho ascoltato quel che ho voluto ascoltare, lo svarione è mio, niente da dire, e per dirla tutta, al collegamento con rousseau non ci sarei arrivato nemmeno sotto uso di sostanze psicotrope. poi, sul fatto che "l'uomo a una dimensione" sia un trattato di marcuse e che tu l'abbia attribuito proprio a marcuse, non ho avuto nessun dubbio, sta tranquillo. almeno quello!
    mi scuso con chi ci legge, con il professore (che mi avrebbe rimandato a settembre) e con l'artista (che, al netto delle dovute proporzioni, mi avrebbe messo al posto di bertoncelli in una ipotetica nuova versione de "l'avvelenata").
    ciao e di nuovo tante scuse.

  • giuseppeloizzi74 9 anni fa Rispondi

    CARO GIUSEPPE,
    PER AMOR DI PRECISIONE...
    Vorrei innanzitutto ringraziarti per le bellissime parole scelte nel recensire le nostre “Canzoni quasi disperate” su Rock.It.
    Ma se è vero che oltre ad essere un cantautore ad “inizio carriera” sono anche professore di Lettere da quasi vent'anni, non posso purtroppo digerire l'accusa d'aver commesso uno “svarione” in relazione alla frase “ma dò ragione a chi però rivaluta Jean-Jacques Rousseau, perché il privato è un furto se non è proprio per tutti” contenuta in “Canzone Filosofica”, perché secondo te in realtà la frase risulterebbe appartenere a Pierre-Joseph Proudhon.
    Spieghiamoci: innanzitutto ogni qualvolta mi accingo a comporre un brano, peso le parole e le scelgo con cura seppur si tratti di una canzone ironica o scherzosa e dunque nulla è mai lasciato al caso.
    Precisiamo: La frase originale di Pierre-Joseph Proudhon non è “il privato è un furto” bensì "la propriété, c'est le vol", "la proprietà è un furto". Non era dunque mia intenzione citare testualmente né Rousseau né Proudhon ma tentare semplicemente una sintesi del pensiero di Rousseau (impresa ovviamente ardua in una canzone di soli 2 minuti e 48 secondi!) che nel “Discorso sulle origini e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini” scrive precisamente: “Il primo che, avendo recintato un terreno, pensò di dire questo è mio e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quanti assassinii, quante miserie ed errori avrebbe risparmiato al genere umano chi, strappando i pioli o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: guardatevi dal dare ascolto a questo impostore! Se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra non è di nessuno, siete perduti!”.
    Ecco quindi che quel “questo è mio” di Rousseau è diventato “perché il privato è un furto se non è proprio per tutti” nella mia “Canzone Filosofica”.
    Se così non fosse, mi si dovrebbe accusare allora anche d'aver attribuito a Marx e Feuerbach (filosofi ottocenteschi) il concetto di “società ad una dimensione” che appartiene invece a Marcuse (filosofo del 900) autore appunto del celebre saggio “L'uomo ad una dimensione”, se è vero che nella strofa successiva di “Canzone Filosofica” scrivo: “Marcuse, Marx e Feuerbach analisi prospettica di questa strana società ad una dimensione”.
    Giuseppe spero che tu non me ne voglia, anche perché ti sono davvero grato per la gentilezza con cui hai accolto il nostro lavoro, ma in questa occasione è stato il professor Loizzi ad intervenire e non di certo il cantautore.
    Luca Loizzi