Il fascino del disco dei Mad to be Saved risiede nel suo potere evocativo. Suona di cuori infranti eppure palpitanti, suona di nastri in cameretta e sale prove fumose, suona con la spontaneità di chi è debuttante, nella musica e nella vita. Non che i Mad to be Saved siano dei debuttanti. Vengono da formazioni di tutto rispetto, ma il loro sound è fresco, avvolto in synth nebulosi (“Dive into”), chitarre dalle grandi aperture pop alla Cure (“Rainside”, “River masses”), atmosfere sognanti e melanconiche, come un ricordo di qualcosa che ci rende felici.
Come sarebbe il rock'n'roll suonato da Blank Dogs è ipotizzato in “Seven Months”, come avrebbero suonato gli Smashing Pumpkins a 15 anni e se Corgan non fosse in realtà una zietta petulante lo si può immaginare da “Invisible”, e via discorrendo di altre ipotesi e invenzioni matte.
Al netto di una traccia sulla cui utilità sto ancora interrogandomi (“To the ground”, una strumentale di poco meno di 2 minuti di sola chitarra acustica, non indispensabile eppure che si rende tale equilibrando in maniera sorprendente le atmosfere superstratificate di prima con la sua asciuttezza), il disco si conclude in bellezza con “No spark”, una tenera ballata pop.
L'ascolto ripetuto e regolare potrebbe dare dipendenza e creare un piccolo caso di gemma nascosta, oppure stancare per la scarsa varietà di melodie e ambientazioni. Dipende da quanto vi piace sognare.
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